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Le fiabe

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    kamo58
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    00 10/02/2012 17:24


    A base delle fiabe sta la giustificata credenza che tutto quanto ci circonda sia realtà spirituale incantata e che l’uomo, per giungere alla realtà, debba rompere l’incantesimo.

    (Rudolf Steiner)




    Le fiabe popolari sono racconti liberi e pieni di fantasia che si sono tramandati di bocca in bocca per tempi immemorabili. Trattano le relazioni umane esprimendosi in un linguaggio fantastico e ricco di simboli. Come per tutta la buona letteratura, le fiabe prendono spunto dalla vita quotidiana, ma non rimangono mai nei confini del reale ed in quello che i comuni mortali sono soliti considerare veritiero e ragionevole. Spesso contengono elementi sovrannaturali e straordinari.


    Lo stile delle fiabe


    Le fiabe hanno un proprio stile, tra l’altro una formula introduttiva fissa: “C’era una volta”, “C’era una volta un re ed una regina” oppure “C’era un epoca in cui tutte le cose potevano parlare”.
    Allo stesso modo le fiabe hanno spesso una formula conclusiva che ci riporta dal mondo della fantasia alla realtà. Sono dei giochi verbali con delle rime.
    Spesso la formula ci racconta ciò che è successo dopo che la storia principale è terminata: “e vissero felici e contenti".
    Nella letteratura popolare le semplificazioni e le schematizzazioni sono ricorrenti. La fiaba ha un numero di personaggi limitato: un re o una regina, la figlia o il figlio del re, tre fratelli. I personaggi sono schematizzati ancora di più in quanto hanno valore di modelli. All’inizio della storia si presenta come il classico buono a nulla, ma porta in sè delle capacità nascoste di compiere, al momento opportuno, grandi cose. Aspetta sempre l’occasione propizia per apparire e per fare quello che nessun altro è capace di fare. Anche la trama è spesso semplificata e generalmente vi sono solo due persone che partecipano all’azione nello stesso tempo.
    La fiaba ci da descrizioni corte ed usa la tecnica della ripetizione per tenere il lettore in sospeso e dare più peso ai passaggi importanti. Il numero tre si ripete.
    La ripetizione è spesso accompagnata da un crescendo d’intensità drammatico: le difficoltà ed i pericoli crescono ogni volta che vengono menzionati e la soluzione dell’intrigo ha luogo di solito alla terza replica. La storia inizia e termina con un tono pacato, la giustizia viene sempre resa con poesia: il buono sarà ricompensato ed il cattivo punito. C’è sempre il lieto fine.




    I vari tipi di fiabe

    Le fiabe possono essere classificate in diversi gruppi. Di solito le distinguiamo in tre gruppi principali: le fiabe con gli animali, le fiabe sovrannaturali e le fiabe scherzose.
    Le fiabe con gli animali hanno come protagonisti sia animali domestici che bestie selvagge. Gli animali sono dotati della parola e si comportano come gli umani, conservando allo stesso tempo alcune delle loro caratteristiche animalesche.
    Molte fiabe raccontano l’origine di un tratto caratteristico dell’animale in questione.
    Le fiabe sovrannaturali, o fiabe magiche, costituiscono il gruppo più fornito della letteratura fantastica. Queste fiabe ci parlano di una serie di creature che combattono draghi, troll e streghe, e di esseri umani dotati di poteri sovrannaturali. Descrivono anche di certi fenomeni prodigiosi come gli stivali delle sette leghe, mantelli invisibili, tovaglie che si stendono e si riempiono di mille vivande, montagne di cristallo, castelli d’oro e di un gran numero di cose fantastiche e meravigliose. Queste fiabe raccontano anche avvenimenti particolari come per esempio un viaggio di sette ore attraverso sette regni, di gente che dorme per cento anni, o ancora di metamorfosi in animali o pietre.
    Le fiabe sovrannaturali seguono una struttura particolare. Gli avvenimenti si svolgono in sequenze che si succedono con un ordine fisso. Incominciano con un incidente, una perdita o una sparizione,
    ooi si racconta che l’eroe incontra la principessa o che l’eroina incontra il principe, ma subentrano complicazioni che ritardano il momento in cui i due potranno riunirsi. La storia finisce con il trionfo del protagonista che supera tutte le difficoltà e le avversità e “conquista la principessa e metà del reame”.


    Le fiabe scherzose rappresentano il terzo grande gruppo di fiabe. Dal punto di vista generale gli elementi sovrannaturali sono meno frequenti in questo tipo di fiaba rispetto alle altre.




    Le fiabe si tramandavano per via orale e non contava chi fosse l’autore originario.

    Il narratore adattava il racconto ai problemi della sua comunità e si rivolgeva a tutti, non solo ai bambini.
    I primi importanti lavori di rielaborazione di fiabe in forma scritta avvennero a partire dal Cinquecento.
    Giovan Francesco Straparola, da Caravaggio, fece pubblicare in due volumi Le piacevoli notti (1551-53), una raccolta ricca di elementi folkloristici e dialettali.
    Giovan Battista Basile raccolse nell’opera in dialetto napoletano Lo cunto de li cunti (1634-36) una serie di fiabe tratte dalla tradizione popolare. La sua opera ispirò il francese Charles Perrault che trascrisse i racconti in chiave moraleggiante.
    Nei primi dell’Ottocento in Germania i fratelli Grimm si occuparono della più grande opera di trascrizione di fiabe. Cercarono di mantenerne la bellezza originale e si rivolsero direttamente alle fonti popolari, raccogliendo, traducendo dai diversi dialetti e confrontando tra loro i racconti.
    Nel Novecento avvenne una riscoperta del mondo fiabesco.
    Italo Calvino svolse un importante lavoro di ricerca nelle biblioteche e nei musei e pubblicò la grande raccolta delle Fiabe italiane.




    Le fiabe, esprimono in una forma semplice e fantasiosa qualcosa che ci parla della nostra esistenza sulla terra e che con difficoltà comprendiamo intellettualmente.
    Le fiabe sono fondamentali per la crescita del bambino che sta sviluppando il proprio mondo di immagini e ha bisogno di un esempio da seguire con fiducia.
    Rappresentano i conflitti dell’anima attraversati da ogni uomo nelle diverse fasi della vita. Per questo non sono adatte solo ai più piccoli ma a tutti gli individui in ogni età e in ogni condizione.
    Anche la “psicologia del profondo” si serve della fiaba poiché essa permette di riflettere su di sé all’interno di uno spazio sicuro e strutturato e costituisce un modello di riferimento per affrontare in modo creativo le difficoltà della vita.

    Le fiabe esprimono un’esperienza umana universale, appartengono a tutti i popoli.
    Costituiscono un modello di conoscenza, un viaggio antropologico, metamorfico.
    Esse narrano in immagini le lotte interiori, le lacerazioni che ogni uomo ha bisogno di ricomporre dentro di sé. Esse trasmettono il senso della giustizia e del coraggio. Parlano di sangue e di morte ma non di dolore e sofferenza. Aiutano a riconoscere la propria parte oscura inconscia per afferrarla e trasformarla.

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    kamo58
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    00 10/02/2012 17:25





    LA FIABA DEI GATTI
    di Italo Calvino


    Una donna aveva una figlia e una figliastra, e questa figliastra la teneva come un ciuco da fatica, e un giorno la mandò a cogliere cicorie.
    La ragazza va e va, e invece di cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso. Tira il cavolfiore, tira, tira, e quando lo sradicò, in terra s'aperse come un pozzo. C'era una scaletta e lei discese.
    Trovò una casa piena di gatti, tutti affaccendati. C'era un gatto che faceva il bucato, un gatto che tirava acqua da un pozzo, uno che cuciva, un gatto che rigovernava, un gatto che faceva il pane. La ragazza si fece dare la scopa da un gatto e l'aiutò a spazzare, a un altro prese in mano i panni sporchi e l'aiutò a lavare, all'altro ancora tirò la corda del pozzo, e a uno infornò le pagnotte. A mezzogiorno venne fuori una gran gatta, che era la mamma di tutti i gatti, e suonò la campanella:
    - Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare!
    Dissero i gatti: - Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ragazza ha lavorato piú di noi.
    -Brava, - disse la gatta, - vieni e mangia con noi -.
    Si misero a tavola, la ragazza in mezzo ai gatti e Mamma Gatta le diede carne, maccheroni e un galletto arrosto; ai suoi figli invece diede solo fagioli. Ma alla ragazza dispiaceva di mangiare da sola e vedendo che i gatti avevano fame, spartí con loro tutto quello che Mamma Gatta le dava. Quando si alzarono, la ragazza sparecchiò tavola, sciacquò i piatti dei gatti, scopò la stanza e mise in ordine.
    Poi disse alla Mamma Gatta: - Gatta mia, ora bisogna che me ne vada, se no mia mamma mi sgrida.
    Disse la gatta: - Aspetta, figlia mia, che voglio darti una cosa -.
    Là sotto c'era un grande ripostiglio, da una parte era pieno di roba di seta, dalle vesti agli scarpini, dall'altra pieno di roba fatta in casa, gonnelle, giubbetti, grembiuli, fazzoletti di bambace, scarpe di vacchetta.
    Disse la gatta: - Scegli quel che vuoi.
    La povera ragazza che andava scalza e stracciata, disse: - Datemi un vestito fatto in casa, un paio di scarpe di vacchetta e un fazzoletto da mettere al collo.
    -No, - disse la gatta, - sei stata buona coi miei gattini e io ti voglio fare un bel regalo -.
    Prese il piú bell'abito di seta, un bel fazzoletto grande, un paio di scarpini di raso, la vesti e disse:
    - Ora che esci, nel muro ci sono certi pertugi; tu ficcaci le dita, e poi alza la testa in aria. La ragazza, quandò uscí, ficcò le dita dentro quei buchi e tirò fuori la mano tutta inanellata, un anello piú bello dell'altro in ogni dito. Alzò il capo, e le cadde una stella in fronte. Tornò a casa ornata come una sposa.
    Disse la matrigna: - E chi te le ha date tutte queste bellezze?
    - Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati a lavorare e m'hanno fatto dei regali, - e le raccontò com'era andata.
    La madre, l'indomani, non vedeva l'ora di mandarci quella mangiapane di sua figlia.
    Le disse: - Va' figlia mia, cosí avrai anche tu tutto come tua sorella.
    -Io non ne ho voglia, - diceva lei, da quella malallevata che era, - non ho voglia di camminare, fa freddo, voglio stare vicino al camino.
    Ma la madre la fece uscire a suon di bastonate. Quella ciondolona cammina cammina, trova il cavolfiore, lo tira, e scende dai gatti.
    Al primo che vide gli tirò la coda, al secondo le orecchie, al terzo strappò i batti, a quello che cuciva sfilò l'ago, a quello che tirava l'acqua buttò il secchio nel pozzo: insomma non fece altro che dispetti per tutta la mattina, e loro miagolavano, miagolavano.
    A mezzogiorno, venne Mamma Gatta con la campanella: - Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare!
    -Mamma, - dissero i gatti, - noi volevamo lavorare, ma questa ragazza ci ha tirato la coda, ci ha fatto un sacco di dispetti e non ci ha lasciato far niente!
    -Bene, - disse Mamma Gatta, - andiamo a tavola -.
    Alla ragazza diede una galletta d'orzo bagnata nell'aceto, e ai suoi gattini maccheroni e carne. Ma la ragazza non faceva altro che rubare il mangiare dei gatti.
    Quando s'alzarono da tavola, senza badare a sparecchiare né niente, disse a Mamma Gatta: - Be', adesso dammi la roba che hai dato a mia sorella.
    Mamma Gatta allora la fece entrare nel ripostiglio e le chiese cosa voleva.
    - Quella veste là che è la piú bella! Quegli scarpini, che hanno i tacchi píú alti!
    - Allora, - disse la gatta, - spogliati e mettití questa roba di lana unta e bisunta e queste scarpe chiodate di vacchetta tutte scalcagnate -.
    Le annodò un cencio di fazzoletto al collo e la congedò dicendo: - Adesso vattene, e mentre esci, ficca le dita nei buchi e poi alza la testa in aria.
    La ragazza uscí, ficcò le dita nei buchi e le si attorcigliarono tanti lombrichi, e piú faceva per staccarseli, piú s'attorcigliavano. Alzò il capo in aria e le cadde un sanguinaccio che le pendeva in bocca e lei doveva dargli sempre un morso perché s'accorciasse. Quando arrivò a casa cosí conciata, piú brutta di una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che morí. E la ragazza a furia di mangiar sanguinaccío, morí lei pure. Mentre la sorellastra buona e laboriosa, se la sposò un bel giovane.

    Cosí stettero belli e contenti, Drizza le orecchie che ancora li senti.
    [Modificato da kamo58 10/02/2012 17:29]