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“Nostro padre si sporse dal davanzale. – Quando sarai stanco di star lì cambierai idea!- gli gridò.
-Non cambierò mai idea, – fece mio fratello, dal ramo.
-Ti farò vedere io, appena scendi!
-Ed io non scenderò più! – E mantenne la parola.”





Il barone rampante è un romanzo di Italo Calvino scritto nel 1957, secondo capitolo della “trilogia araldica”, insieme a Il visconte dimezzato (1952) e Il cavaliere inesistente (1959).

Ambientato in un paesino immaginario della riviera ligure, Ombrosa, il romanzo è narrato da Biagio, fratello minore del protagonista, ed è la storia di un giovane barone, Cosimo Piovasco di Rondò, primogenito di una famiglia nobile “momentaneamente” decaduta. Il fatto principale è rappresentato da un futile litigio avvenuto il 15 giugno 1767 nella tenuta di Ombrosa, tra Cosimo adolescente e suo padre, dopo il quale Cosimo salirà sugli alberi del giardino di casa per non scenderne mai più.

Dopo il litigio, la vita del protagonista si svolgerà sempre sugli alberi, prima nel giardino di famiglia e, in seguito, nei boschi del circondario, inframezzata da parentesi in terre lontane seppur collegate per «via vegetale» alla tenuta del barone. La vita di Cosimo sarà piena di eventi, a partire dalle scorribande con i ladruncoli di frutta fino ad arrivare alle giornate trascorse a caccia o assorto nella lettura. Nella vita del barone non mancheranno delle relazioni amorose, infatti, durante i suoi viaggi Cosimo conoscerà ad Olivabassa, un paesino confinante con Ombrosa, degli esiliati spagnoli e si innamorerà di Ursula che però, terminato l’esilio, ritornerà in Spagna mettendo fine alla loro storia.

La sua fama si diffonde con rapidità e toni impensabili per l’epoca d’ambientazione del racconto. Se all’inizio Cosimo diviene famoso come fenomeno da baraccone e la sua famiglia quasi se ne vergogna, in seguito interagisce anche con personaggi come Diderot, Rousseau, Napoleone e lo Zar di Russia, stratagemma che Calvino usa probabilmente per conferire dignità e importanza a un personaggio in parte autobiografico. Cosimo scrive anche un Progetto di Costituzione di uno Stato ideale fondato sugli alberi, opera che contribuisce alla fama e al rispetto di cui sopra.

Il ritorno di Viola, suo primo amore, fa esplodere un sentimento reciproco in realtà sempre esistito, che si concluderà tristemente per una serie di equivoci e cose non dette. Quello tra i due è un amore fortissimo, ma in qualche modo distruttivo per entrambi, costellato da litigi furibondi e da riconciliazioni, da fughe e da ritorni. Nonostante poi la relazione termini l’amore non cesserà mai e dal momento della separazione il barone di Rondò non sarà più lo stesso. Cosimo ormai malato e moribondo viene assistito dall’intera comunità di Ombrosa, ma agli inviti e alle preghiere di abbandonare gli alberi egli si rifiuta sempre in maniera categorica. Un giorno sorprendendo tutti si arrampica sulla cima di albero altissimo e, approfittando di una mongolfiera di passaggio vi si aggrappa. Così, senza tradire il suo intento di non rimettere più piede sulla terra, scompare nel mare.


La storia di Cosimo è la storia di un esilio volontario, di un rifiuto dei valori in voga, ma non condivisi dal protagonista del romanzo di Calvino. Il giovane barone pone una barriera tra sé e gli altri, visibilissima e straordinariamente vicina, ma che nonostante cio è quasi per tutti invalicabile.

Sebbene l’attenzione sia concentrata soprattutto sulla storia di Cosimo, ci si trova innanzi ad una folla di personaggi secondari grotteschi, improbabili, che suscitano immediatamente la simpatia del lettore e che sono attori e scenario delle avventure del barone rampante, come spesso nei romanzi di Calvino.

Il romanzo è un concentrato di idee, sia letterarie, sia politiche che sociali, e rappresenta il secondo capitolo della “trilogia degli antenati” di Calvino, di cui fanno parte i romanzi “Il visconte dimezzato” e “Il cavaliere inesistente”.

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