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Fantascienza o scienza?

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    kamo58
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    00 26/02/2012 20:54
    Numerosi romanzi hanno ipotizzato il futuro, in passato, inventando tecnologie che al tempo in cui furono scritti, sembravano inimmaginabili, pura e semplice fantascienza. Col passare del tempo e l'avanzare delle scoperte scientifiche il divario tra fantasia scientifica e scoperte reali si è assottigliato.
    Di seguito alcuni esempi emblematici.



    Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley



    Trama
    Siamo nell’Era Ford, A.F. 632. La prima sezione del romanzo illustra
    le caratteristiche del Nuovo mondo, partendo dalle strutture asettiche e fredde del Centro di Incubazione e di condizionamento di Londra Centrale. Il genere umano è diviso in vere e proprie caste: gli Alfa e i Beta, che sono gli esseri al vertice della gerarchia sociale, e i Gamma i Delta e gli Epsilon, quest’ultimi i "proletari" della nuova era. Poi avviamente compaiono alcuni personaggi che pur facendo parte dei quartieri alti, non sono integralmente tipologizzati: Bernardo Marx, Helmholtz Watson, Lenina, quest’ultima simbolo di una sessualità fredda e nello stesso trasgressiva, donna avvenente e provocante, portatrice dei costumi erotici amorali che caratterizzano la nuova era. La riproduzione sessuale infatti è vietata e il genere umano si perpetua grazie al processo Bokanovski, con un procedimento che risulta identico, nel contenuto, ad una vera e propria clonazione:

    "Il Processo Bokanovski" ripeté il direttore: e gli studenti sottolinearono queste parole nei loro taccuini.

    Un uovo, embrione, un adulto: normalità. Ma un uovo bokanovskificato germoglia, prolifica, si scinde Da otto a novantasei germogli, e ogni germoglio diventerà un embrione perfetto, e ogni embrione un adulto completo. Far crescere novantasei esseri umani dove prima ne cresceva uno solo. Ecco il progresso.

    "Nella sua essenza" concluse il direttore "il processo di bokanovskificazione consiste in una serie di arresti dello sviluppo. Noi arrestiamo lo sviluppo normale e, benché possa sembrare un paradosso, l’uomo reagisce germogliando. … Dei gemelli identici, ma non in miseri gruppi di due o tre per volta come negli antichi tempi vivipari, quando talvolta un uovo poteva accidentalmente scindersi; ma proprio a dozzine, a ventine per volta…

    "Maggiori strumenti della stabilità sociale. Uomini e donne tipificati; a infornate uniformi. Tutto il personale di un piccolo stabilimento costruito dal prodotto di un unico uovo bokanovskificato. Novantasei gemelli identici che lavorano a novantasei macchine identiche…

    Il Direttore cita agli studenti il motto planetario: Comunità, Identità, Stabilità. E aggiunge, con una frase agghiacciante: "Se potessimo bokanovskificare all’infinito, l’intero problema sarebbe risolto".

    I progenitori umani sono relegati dall’attuale elite in alcune riserve naturali dove possono continuare a svolgere i loro costumi "selvaggi e primitivi", primo fra tutti il naturale processo di nascita da un padre e una madre. Bernardo e Lenina si recano a trascorrere una vacanza nella Riserva Messicana e tornano a Londra col personaggio chiave della seconda parte, il Selvaggio, e sua madre Linda. Bernardo, facendo conoscere il Selvaggio al proprio mondo, va incontro a un periodo di popolarità, a cui si aggiunge l’esplosione del suo anticonformismo finora represso (Bernardo rifiuta fra l’altro il soma). Bernardo finirà per essere punito con l’esilio. Il Selvaggio, che non accetterà mai il modernismo massificato del nuovo Mondo e che rifiuterà le immorali e frivole abitudini sessuali impersonificate dalla avvenente ma fredda Lenina, fuggirà da Londra e si rifugerà in un faro, professando strani culti mistico-religiosi, finendo alla fine per suicidarsi.




    Il libro, all’epoca, ebbe successo, e contribuì sicuramente alla fama di Huxley. Ma poco per volta fu relegato in una strana terra di nessuno. La patria dei profeti scomodi. Il nuovo mondo si infila di solito in un punto particolare della biblioteca, uno scaffale in alto, vicino ai libri SF ma distante da Wells. Accanto, non so perché, a Vonnegut. La scrittura del Nuovo mondo non è quella di Orwell, anche se sarebbe riduttivo considerarla meno elegante e "letteraria". Huxley, nel suo stile che qualcuno ha definito pervaso da "aridità metallica ed eccessivo scientismo" professa una tecnica letteraria "scientifica" e pragmatica, precisa e tagliente, con dialoghi aforistici, al limite della teatralità, conditi da continue citazioni di Shakespeare. Un gioco di eccessi, unito a una scrittura non convenzionale e non omologabile, oso dire, a nessun genere. E, proprio per questo, geniale. Una scelta precisa, quella di Huxley, che per costruire una metafora credibile si cala nello scientismo colto, ma senza dimenticarsi della lezione illuministica e del pathos della citazione colta; che costruisce un’ipotesi scientifica, rigorosa e matematica, senza dimenticarsi dell’irrazionale. Una scrittura a cui non siamo certo abituati, in Italia, un paese che guarda con diffidenza il modus vivendi e lo stile scientifico, e che pensa che l’arte sia una cosa e la scienza un’altra. Che rincorre la scienza ma nello stesso tempo non si fida del metodo.

    Il nuovo mondo può essere analizzato sotto diversi punti di vista. Considerato che è stato scritto nel 1932, senza usare mezzi termini, il libro è decisamente sconvolgente. Non solo per la forza profetica da cui è effettivamente pervaso (profezie realizzate!), non solo per la genialità con cui Huxley costruisce un intero mondo sociale basato su un riduttivismo scientifico, dittatoriale e assolutistico; non solo per il modo in cui crea una società basata esclusivamente su valori collettivi, che sopprime l’individuo a scapito di un’idea di progresso, pericolosa quanto realizzabile. Huxley, letterato sopraffino, ha osato, e avuto il coraggio, di scrivere un romanzo vicino alla fantascienza, ed è rimasto in un limbo a parte, in una zona della letteratura che forse ha messo a disagio sia i "letterati" che gli amanti delle metafore fantascientifiche spinte. Dice cose molto scomode, Huxley, più scomode di Orwell, i cui personaggi, disumanizzati ma umani, mantengono se non altro il privilegio della sofferenza per misurarsi col loro mondo ed esserne sconfitti. In Huxley, i nuovi servitori del regime sono condizionati fin dall’infanzia e si trovano già registrato e codificato quello che serve per "pensare"; veri "pensieri di regime", assiomi all’insegna della Nuova Era caratterizzata da una rivoluzione produttivistico-organizzativa sintetizzata nel nome di Henry Ford. Un’imposizione ideologica, un pensiero di massa che ognuno possiede, mitigato solo dal soma, una specie di droga in grado di regalare qualche momento di "euforia", e dai "succedanei della gravidanza" che le donne usano verso i vent’anni per difendersi dagli scompensi causati dalla mancanza di una regolare maternità (nella nuova era la riproduzione sessuale è vietata).




    Aldous Huxley (1894-1963)
    Futorologo britannico, professore al M.I.T. (Massachussetts Institute of Tecnology) di Boston.
    Nipote di Thomas Huxley (uno dei fondatori della "Round Table" britannica), fratello di Sir Julian Sorell Huxley (primo direttore dell'UNESCO, e presidente per diversi anni della "Eugenetics Society").
    Aldous fu membro della Fabian Society e della Golden Dawn, sperimentò in prima persona l'uso di droghe allucinogene e descrisse le sue "visioni" in due opere apologetiche: "Le porte della percezione" (1954) e "Paradiso e inferno" (1956). Opera più famosa: "Il Mondo Nuovo" (1932)


    Attualmente, la ricerca scientifica, ha reso reali, alcune delle cose ipotizzare dallo scrittore, come la fecondazione in vitro e tutte le tecniche usate per l'infertilità. Tra cui la recente creazione dello sperma in vitro.


    [link]

    [link] Cellule staminali ovociti
    [Modificato da kamo58 27/02/2012 16:57]
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    kamo58
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    00 28/02/2012 10:09



    Asimov e la robotica

    Isaac Asimov è senz'altro uno dei più grandi scrittori di fantascienza del XX secolo Con l'avvento di Asimov, il robot viene finalmente emancipato, si scrolla di dosso il pregiudizio di mostro di frankeinsteiniana memoria pronto a ribellarsi al proprio creatore, per diventare invece un collaboratore, un amico, una creatura da capire, con molti doveri, ma anche con qualche diritto. Rispetto al passato, il giudizio della letteratura diventa quindi ottimistico e positivistico nei confronti della tecnologia, una visione del mondo nella quale l'uomo si pone con fiducia e speranza di fronte al proprio progresso senza restarne vittima.
    Il robot asimoviano comprende finalmente il suo ruolo attivo e fecondo all'interno della società umana e si integra con profitto all'interno di essa, diventando così per molti versi migliore dell'uomo stesso, operando una svolta fondamentale non solo nella storia della letteratura fantascientifica, ma anche del nostro modo di rapportarci con le macchine.
    Tutto quanto è partito da una considerazione che oggi appare addirittura banale, quello del robot che si ribellava allo scienziato pazzo che lo creava. Vale la pena notare che la condizione che lo scienziato fosse davvero pazzo era necessaria perché nessuno sano di mente si sarebbe sognato di creare un essere di metallo in tutto e per tutto simile all'essere umano, ma con una forza dieci volte tanto, senza assicurarsi di avere sotto mano qualche valido dispositivo di sicurezza. Ce l'hanno i frullini, le cucine a gas, gli scaldabagni e gli asciugacapelli, perché non avrebbe dovuto averceli un tipo un po' allampanato, alto un paio di metri, fatto interamente di fili elettrici, metallo e altri aggeggi strani, con due temibili tenaglie al posto delle mani e altrettanti occhi a lampadina incapaci di sorridere? E infatti l'opinione di Asimov era che un robot (soprattutto nelle prime fasi della sua evoluzione) sarebbe costruito in modo da non ribellarsi al suo costruttore; sarebbe dotato di meccanismi interni di sicurezza, come del resto le altre macchine. Se si costruisce un impianto atomico, lo si dota degli schermi protettivi che sono necessari, quindi se si costruisce un robot, indubbiamente nella sua programmazione debbono essere inclusi dispositivi di sicurezza.




    Un altro elemento fondamentale che Asimov manterrà pressoché costante nelle sue storie robotiche è che nella fantascienza si pensa sempre ai robot come a creature metalliche antropomorfe, ma in realtà qualunque macchina computerizzata è un robot. In un' intervista rilasciata poco prima di morire ha detto:
    "E ad oggi abbiamo robot industriali che non assomigliano neanche un po' agli essere umani e che fanno cose che fino a una ventina d'anni fa solo gli esseri umani erano in grado di fare. E vivremo in un futuro in cui avremo pure dei robot personali. Robot che avranno l'aspetto di esseri umani e che rimpiazzeranno (per la prima volta) quelli che noi eravamo abituati a chiamare schiavi e servi, e serve, e ci renderanno del tutto liberi". Il robot è quindi prima d'ogni altra cosa un elettrodomestico, come un frigorifero o una lavatrice, che l'uomo deve imparare ad usare e con il quale l'uomo deve imparare a convivere. Il robot asimoviano dunque non ha diritti; esso non è una vera e propria creatura, ma un oggetto, un utensile poco più evoluto di un PC.
    Quello che risulta chiaro fin dai primi racconti, è dunque che l'intelligenza artificiale del robot non è comunque sufficiente a renderlo a tutti gli effetti un essere vivente, bensì è proprio la sua intelligenza retta dalla ferrea logica delle Tre leggi della Robotica, preambolo al romanzo "Io, Robot" (1950).



    LE TRE LEGGI DELLA ROBOTICA


    1. Un robot non può recar danno a un essere umano ne può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.

    2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.

    3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e con la Seconda Legge.


    Ne "I Robot e l'Impero" Asimov enuncia la Legge Zero della Robotica, che innalza di un gradino la priorità della Prima legge mettendo al primo posto l'incolumità ed il benessere dell'umanità intera, a scapito di quello del singolo individuo. Asimov si vide costretto a formularla nel momento in cui si rese conto che, in seguito a una ristretta interpretazione della Prima legge, un robot avrebbe protetto una persona anche se la sopravvivenza dell'intero genere umano fosse messa a repentaglio. Dietro possibili minacce come l'annichilazione da parte di una razza aliena o l'eliminazione totale causata da un virus mortale, un robot avrebbe avuto la capacità di capire che l'umanità era condannata, ma, nonostante ciò, avrebbe potuto seguire esclusivamente le sue Leggi. Ovviamente, la difficoltà di giudizio da parte del robot viene messa a dura prova da questa nuova Legge, giacché è relativamente facile capire quando una persona ha bisogno di essere salvata, mentre lo stesso non vale per l'umanità che comprende un numero smisurato di individualità, ragion per cui è estremamente complicato giudicare quando un'azione (anche se lesiva nei confronti di un individuo) può portare un beneficio all'intera razza. In un certo senso, se la Prima Legge è assolutamente deterministica, la Legge Zero sposta il campo nella statistica. Asimov tuttavia aveva riflettuto anche su questo, e aveva capito che nel momento in cui si doveva decidere tra un individuo e l'umanità, della quale non è possibile conoscere tutti gli aspetti e le implicazioni con cui si sta trattando, le Leggi della Robotica cominciavano a scricchiolare. E infatti, non appena viene introdotta l'umanità come entità astratta, le Leggi della Robotica iniziano a confondersi con le Leggi dell'Umanica. Sarebbe assai più facile per il robot, se gli esseri umani si preoccupassero del benessere degli esseri umani, così come ci si aspetta che facciano i robot. E, in effetti, qualsiasi codice dell'etica umana impone agli esseri umani di prendersi cura gli uni degli altri e di non farsi del male reciprocamente. Il che è, dopotutto, il mandato che gli esseri umani hanno dato ai robot.



    LE TRE LEGGI DELLA UMANICA

    1. Un essere umano non può recare danno a un altro essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danno.

    2. Un essere umano deve impartire ai robot ordini che non turbino la loro l'esistenza robotica, a meno che tali ordini non causino danno o dolore ad altri esseri umani.

    3. Un essere umano non deve recare danno a un robot, o permettere che, a causa del suo mancato intervento, i robot subiscano danni, a meno che tali danni siano necessari per impedire che venga recato danno a un essere umano, o per permettere che un ordine vitale venga eseguito.


    Considerazione finale

    I robot positronici devono praticamente tutto alle Tre leggi della Robotica, invenzione mirabile non solo dal punto di vista letterario, di cui Asimov andava orgoglioso e sulle quali non perdeva mai occasione per dire che erano già prese molto sul serio anche dagli scienziati, dagli ingegneri e dagli esperti di robotica e intelligenza artificiale. E auspicava, anzi era pressoché certo, che le leggi venissero integrate nei dispositivi dotati di intelligenza artificiale che non avrebbero tardato molto ad essere costruiti. Ma sarà davvero così? I primi rudimentali esempi non sembrano esserne dotati...
    Correnti del pensiero contemporaneo affermano che assai difficilmente le Tre leggi sarebbero state impiegate realmente nell'industria e nell'ingegneria, soprattutto perché lo sviluppo dell'intelligenza artificiale è soprattutto un business, e gli affari non sono notoriamente interessati agli aspetti fondamentali della sicurezza, specialmente quelli filosofici:
    Forse tra un tempo non troppo lungo ci toccherà stare ben attenti a non urtare la suscettibilità della nostra sveglia con sberle troppo forti al mattino.
    I dispositivi elettronici odierni presentano delle protezioni intrinseche, ma non possono ancora essere paragonate alle Tre Leggi, giacché gli oggetti non sono ancora dotati di intelligenza artificiale. Quando arriveranno, vedremo... Ma, intanto è difficile pensare che il mondo sarà un bel posto dove vivere, un posto dove aspetteremo con ansia la domenica mattina, per lasciare a casa il nostro proiettore di libri elettronici, e andare nel luogo più lontano possibile da qualsiasi macchina esistente, tirare fuori dal nostro zaino le pagine ingiallite e impolverate di Io, Robot e, appoggiati al tronco di un albero finto, sognare un mondo migliore.
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    kamo58
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    00 29/02/2012 10:34
    2001 Odissea nello spazio di Arthur C. Clark




    Trama


    Capitolo primo

    Il romanzo comincia nella Preistoria, all'interno di una grotta dove vivono degli ominidi. La loro vita è mera sopravvivenza: reperimento quotidiano del cibo e difesa dagli attacchi di animali. Il protagonista è un ominide ("Guarda-la-Luna") che un mattino viene risvegliato, come gli altri ominidi del clan, da uno strano suono, un suono bellissimo che si propaga nell'aria. Esce dalla grotta per cercare di comprendere cosa sia ciò che ode, e a poca distanza vede davanti a sé un oggetto che non aveva mai visto, un monolite nero. Il primo timore per l'oggetto estraneo si sopisce quando si accorge, assieme agli altri, che il monolite non è in grado di fare del male, così si avvicina e lo tocca.

    Il giorno dopo, cessato anche il suono, l'oggetto è ancora lì. Adesso non infonde più timore a nessuno, anzi viene quasi ignorato. Ma è la sua presenza a infondere in quegli ominidi una percezione nuova di sé, come se fosse comandata da un preciso messaggio mentale. Così quel gruppo di ominidi comincia a compiere azioni affatto nuove, come quella di prendere dell'erba e intrecciarla, o di usare un bastone e batterlo contro gli oggetti. Un giorno il clan subisce l'attacco di un clan rivale. Mentre fino ad allora l'unica cosa che sapeva fare il gruppo era stato rintanarsi nella grotta, questa volta (in virtù del comando proveniente dal monolite) Guarda-la-Luna decide di affrontare i nemici con il bastone.

    Il capo dei rivali, dopo essere balzato verso di lui è colpito ripetutamente con il bastone da Guarda-la-Luna, finendo col giacere per terra privo di vita. A questa azione gli ominidi rivali che assistono alla scena si intimoriscono: capiscono che ora sono loro su un piano inferiore e non hanno gli strumenti per prevalere. Da quel giorno il clan di Guarda-la-Luna non deve più soffrire la fame, affinando le tecniche di caccia e scacciando i nemici. Successivamente a questi eventi il monolite d'un tratto sparì.


    Capitolo secondo



    Siamo in un futuro lontano. Il dottor Heywood Floyd si accinge a partire dal pianeta Terra per un viaggio di trasferimento sulla Luna. Dopo essere uscito dall'atmosfera, Floyd atterra in una stazione spaziale intermedia, dove si ferma per una breve sosta. Dopo aver parlato in videoconferenza con la figlioletta, che l'indomani compie quattro anni, il dott. Floyd incontra un'équipe di colleghi scienziati sovietici. Dopo un'amabile conversazione, uno di essi chiede a Floyd se è vero che sulla base spaziale è scoppiata un'epidemia. Floyd replica seccamente: «Non sono autorizzato a rispondere».

    Arrivato sulla base spaziale lunare, Floyd raggiunge la sala di comando dove è atteso per una conferenza. Il comandante della base, nel discorso di apertura, spiega che la notizia dello scoppio di un'epidemia è una notizia-schermo, creata ad arte per coprire la verità. Pochi giorni prima è avvenuto un ritrovamento eccezionale: è stato scoperto un monolite nero all'interno del cratere Tycho. Il monolite è stato rinvenuto a causa delle sue emissioni magnetiche, una volta dissepolto da uno strato di terra lunare aveva emesso ulteriori segnali nel momento stesso in cui fu scoperto dalla Terra: da quel momento non aveva rilasciato nessun altro segnale. Gli scienziati avevno calcolato una possibile datazione di oltre tre milioni di anni. Nonostante tutto questo tempo, la superficie di lavorazione era ancora perfetta. Le sue caratteristiche fanno pensare alla possibilità che civiltà extraterrestri abbiano posto il monolite "a guardia" sulla Luna, essendo impossibile supporre un intervento umano così datato. Nel proseguire gli studi si scopre che i segnali emessi dal monolite sono orientati verso Saturno. Dopo aver risposto alle domande dei presenti, la conferenza si chiude e Floyd lascia la sala.

    Capitolo terzo

    Siamo all'interno dell'astronave Discovery, partita dalla Terra da appena trenta giorni. A bordo vi è un equipaggio di cinque uomini (misto statunitense-sovietico), tre in stato di ibernazione e due operativi: il dottor David Bowman e il dottor Frank Poole. Si alternano nel comando della nave con turni di dodici ore. Ma il vero controllore della missione è il calcolatore di ultima generazione HAL 9000. Questo elaboratore controlla tutti i circuiti interni alla struttura e aiuta i due astronauti nel raggiungimento della missione: una spedizione esplorativa del sistema di Saturno. Dopo un incontro ravvicinato con un asteroide, cui viene sparato un frammento metallico per l'analisi spettroscopica all'impatto, la Discovery raggiunge l'orbita di Giove sorvolandone il pianeta e da questo ricavando una spinta ulteriore in direzione di Saturno. Nel frattempo una sonda paracadutata nell'atmosfera gioviana invia suggestive immagini dal vivo del gigante.


    Capitolo quarto

    È il compleanno di Poole quando HAL richiama l'attenzione dei due membri dell'equipaggio: tra 72 ore un componente che si trova all'esterno dell'astronave andrà in avaria. Se non verrà sostituito in tempo, si sposterà l'antenna posizionata verso la Terra, facendo cadere le comunicazioni. È necessario effettuare una "passeggiata spaziale" e prelevare la scheda. Dopo l'attività extraveicolare, l'analisi rivela inaspettatamente un perfetto funzionamento. HAL 9000 ha sbagliato.

    I due astronauti a questo punto si insospettiscono. Poole finge di aver notato un problema in una capsula e chiede al collega di seguirlo. Dentro la capsula, interrompe le comunicazioni con HAL e si mette d'accordo con Bowman nell'estromettere il calcolatore dal controllo della navicella. Ma quando avviene per la seconda volta la medesima segnalazione accade la tragedia: Poole esce per tornare ad effettuare un controllo, ma viene lanciato nel vuoto dalla stessa capsula.

    Bowman non perde il controllo: esce su un'altra capsula e va a recuperare il collega nello spazio. Quando la missione è felicemente conclusa, ordina ad HAL di aprire il portellone. Ma ottiene un diniego. HAL ha intuito - leggendo il labiale - quello che i due uomini si erano detti e ha deciso di estromettere entrambi dalla navicella. Nello stesso tempo blocca il processo di crioconservazione dei tre uomini ibernati, uccidendoli.

    Bowman, scosso, decide di utilizzare l'ingresso di emergenza, l'unico ad apertura manuale. Entrato, Bowman riesce a porsi in salvo in una cella pressurizzata. Successivamente indossa una tuta e si dirige con risolutezza verso la sala di controllo dell'elaboratore centrale. Poi disattiva tutte le slot di memoria dell'elaboratore, fino all'ultima. Ripristinata la pressurizzazione e disattivato il computer centrale, riattiva le comunicazioni con la Terra.

    In questo preciso momento si accende uno schermo e si attiva un video di pochi minuti. Un comunicato di Floyd, registrato 18 mesi prima, rivela il segreto del ritrovamento del monolite sulla Luna, cui solamente HAL e l'equipaggio ibernato erano a conoscenza. Floyd parla di un ridimensionamento del programma esplorativo che si concentrerà tutto su un satellite di Saturno chiamato Giapeto.


    Capitolo quinto

    La Discovery raggiunge il sistema di Saturno, sorvola la fascia degli anelli e si immette nell'orbita di Giapeto. Bowman è consapevole che senza il controllo di Hal non potrà ibernarsi ed attendere l'arrivo della Discovery Due per il ritorno sulla Terra, tantomeno sopravvivere ad un'attesa cosciente settennale. Raggiunta la luna saturniana, Bowman avvista un monolite enormemente più grande di quello di Tycho e decide di avvicinarsi con una scialuppa. A quel punto l'astronauta è sul punto di atterrarvi ma vede la superficie dell'oggetto svanire e, risucchiato da un tunnel di luce, conclude le sue comunicazioni con la Terra al grido di "Dio mio! È pieno di stelle".


    Capitolo sesto

    Bowman e la scialuppa vengono accelerati a velocità vicine a quelle della luce e scaraventati in un angolo remoto della galassia, in quella che arriverà a interpretare come una sorta di "stazione di smistamento" per mezzi interstellari: un intero pianeta interamente costellato di "porte di ingresso", attraverso le quali Bowman vede entrare ed uscire astronavi dirette chissà dove. Davanti a sé vede una sistema stellare binario con una nana bianca che vi orbita e poi la spaventosa superficie di una stella rossa. Infine si vede materializzato all'interno di un'impossibile suite d'albergo stile Impero. Esce dal veicolo stupito, si toglie la tuta e osserva la presenza di mobili e persino di un telefono. L'ambiente è una copia, una sorta di set cinematografico, con mobili e suppellettili finti, come si accorge Bowman ad un'analisi più attenta. Vi è del cibo commestibile nel frigorifero ma l'acqua è insapore perché distillata. Uno schermo televisivo a soffitto mostra programmi trasmessi sulla Terra all'epoca del ritrovamento del monolito lunare, probabilmente da questi registrati; uno di questi è uno sceneggiato ambientato nello stesso albergo dove ora si trova.

    Bowman attende gli sviluppi e si addormenta per sognare la propria vita scorrere a ritroso, rievocando tutti gli eventi occorsi sino a tornare bambino, mentre la sua mente viene "assorbita" dall'entità che ha creato l'ambiente artificiale... Liberatosi dal corpo materiale, che lo rende in grado di ignorare l'inferno stellare, può tornare istantaneamente sulla Terra, distante 20.000 anni luce, per osservarla con gli occhi di un "bambino delle stelle", ai primi vagiti della sua nuova esistenza.

    Quest'ultimo capitolo termina con le stesse parole del primo, con la solo differenza che i due protagonisti, Guarda-la-Luna e il "bambino-delle-stelle" sono diversi. "...Adesso era sovrano del mondo, e non era sicuro di quello che avrebbe fatto in seguito. Ma avrebbe escogitato qualcosa", introducendo secondo una possibile lettura, l'idea di eternità.



    stazione spaziale internazionale



    Il film, caratterizzato da grande realismo (assenza dei suoni nello spazio, assenza di gravità negli ambienti spaziali anche se pressurizzati), fu tuttavia girato 2 anni prima che l'uomo arrivasse sulla luna
    l'opera illustra svariati sviluppi tecnologici ben di là dall'essere realmente in uso negli anni '60: l'identificazione vocale delle persone, la videotelefonia, l'uso di navette spaziali, la messa in orbita permanente di stazioni spaziali intorno alla terra.




    La realizzazione di Hal 9000

    Un circuito che imita le funzioni del sistema nervoso: è il progetto SyNapse, appena presentato da Ibm. I futuri sistemi cognitivi rivoluzioneranno la scienza grazie a una capacità di calcolo e memoria sovrumane.

    È IL PRIMO PASSO concreto verso un futuro in cui i computer ragioneranno come il cervello umano, grazie a reti neurali di sinapsi, che apprenderanno dall’esperienza e dall’ambiente. La promessa è risolvere problemi trovando un ordine, adesso invisibile, nella complessità del reale. È il risultato del progetto SyNapse, della storica azienda informatica Ibm, con la collaborazione di quattro università americane e finanziato dallo stesso governo americano. Che ha appena presentato i primi due prototipi di chip che funzionano come un cervello. Imitano infatti il sistema nervoso: sono fatti di nodi che elaborano le informazioni, alla stregua di neuroni digitali, collegati a memorie integrate che simulano le sinapsi. È una grossa differenza rispetto al modo con cui funzionano ora i computer, i quali elaborano le informazioni in modo meccanico e sequenziale. Un bit dopo l’altro, in base a un programma predefinito. È un limite strutturale e storico dell’informatica: risale agli anni ’40, quando sono state poste le basi dei primi computer. Il chip neurale va oltre perché è in grado di elaborare le informazioni in parallelo e di adattarsi all’ambiente, un po’ come fa il cervello di uomini e animali. L’apprendimento equivale in fondo a creare e rafforzare collegamenti sinaptici tra le cellule del cervello (i neuroni). SyNapse simula questo meccanismo: i chip neurali sono fatti in modo da prestare maggiore o minore attenzione a certi segnali di input, in base alla loro importanza, che cambia in misura di nuovi eventi ed esperienze.
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    00 09/03/2012 19:28
    La macchina del tempo di H. G. Wells



    [IMG]http://i38.tinypic.com/2d7u2ch.jpg[/IMG]


    La macchina del tempo è un romanzo di fantascienza di Herbert George Wells pubblicato per la prima volta nel 1895.

    È una delle prime storie ad aver portato nella fantascienza il concetto di viaggio nel tempo basato su un mezzo meccanico, inaugurando un intero filone narrativo che ha avuto particolare fortuna nel XX secolo.

    Nell'Inghilterra di fine Ottocento, un eccentrico scienziato e inventore, grande conoscitore di fisica e meccanica, racconta ai suoi più stretti amici di aver trovato il modo di viaggiare nel tempo, ma il suo racconto non viene creduto. Pochi giorni dopo, durante una cena molto importante a casa sua, il protagonista ricompare in uno stato veramente terrificante: oltre al colorito pallido e all'espressione sconvolta tutto il suo corpo è ricoperto di ferite e cicatrici e i suoi abiti sono sporchi e distrutti.

    Egli racconta di aver costruito un mezzo in quarzo e avorio capace di viaggiare avanti e indietro nel tempo, ma non nello spazio, e di aver navigato lungo la corrente del tempo fino a raggiungere l'anno 802.701, periodo in cui l'umanità gli si è presentata divisa in due tronconi differenti, dei quali la prima che incontra sono gli Eloi, creature fragili, infantili, gentili e pacifiche che conducono una vita di divertimento, di distrazione e di scarsa attività intellettuale.

    Tra le genti degli Eloi stringerà una particolare amicizia con la giovane Weena, che aveva precedentemente salvato dalla morte per annegamento.

    Successivamente, quando scopre che la sua macchina del tempo è stata rubata, il viaggiatore nel tempo s'imbatte nei Morlocchi (Morlock nell'originale), esseri mostruosi e ripugnanti che vivono nelle viscere della terra, che escono la notte per cibarsi delle carni degli Eloi, da loro accuditi e allevati come bestie da macello.

    Dopo duri scontri con i Morlocchi e grandi insistenze presso gli Eloi, l'inventore si addentra nel loro mondo sotterraneo e scopre la verità nonostante impieghi molto tempo per capire di quale "animale" è la misteriosa carne. Si reca quindi nel palazzo di porcellana verde, che scoprirà essere un museo, per cercare nuove armi per combattere i Morlocchi, ma, non trovando munizioni per i fucili in quella sala, si accontenta di un pacchetto di fiammiferi e di una leva rotta. Nella notte i Morlocchi tendono un agguato all'inventore, che ingaggia una lotta contro questi, i quali temono la luce, ma Weena perde la vita. Perso ogni interesse per quell'epoca, si addentra nella Bianca Sfinge per recuperare la sua macchina del tempo. I Morlocchi gli tendono un agguato, ma il viaggiatore riesce a sopravvivere e a riprendere la sua invenzione e a metterla in moto. Sbagliando direzione, si addentra ancor di più nel futuro e, notato un sole più grande più freddo e di colore rosso, si ferma in un'epoca dove l'umanità si è estinta e restano solo enormi crostacei e lepidotteri. Un ulteriore salto nel futuro lo porterà, durante un'eclissi, a constatare l'assenza di forme di vita (eccetto per una misteriosa forma animale simile a un pallone da foot-ball con dei tentacoli neri) in un pianeta ormai vecchio e alla fine dei suoi giorni. Infine riesce a tornare alla propria epoca d'origine.

    Raccontato quanto ha visto e vissuto, il viaggiatore rimonta sul suo mezzo e riprende a vagare nel tempo, senza però fare ritorno.

    Nel campo della fisica, l'esperimento ideale del viaggio nel tempo è talvolta usato per esaminare le conseguenze di teorie scientifiche come, ad esempio, la relatività speciale, la relatività generale e la meccanica quantistica.



    Rappresentazione di un buco nero


    La scienza cosa dice?

    È stato ampiamente comprovato con prove sperimentali che lo scorrere del tempo non esiste come tempo assoluto: infatti, come previsto dalla relatività ristretta, lo scorrere del tempo è differente per osservatori che siano in moto l'uno rispetto all'altro.

    La struttura teorica che permette l'esistenza di situazioni fisiche che consentano il viaggio nel tempo, ad oggi maggiormente conosciuta dai fisici è data dal complesso delle teorie della relatività einsteiniane.

    Per quanto riguarda i viaggi temporali riscontrabili dall'esperienza umana, le teorie einsteiniane della relatività ci dicono che per i corpi dotati di massa essi sono possibili solo per corpi che si spostino a velocità commensurabili con quella della luce nel vuoto oppure per corpi immersi in campi gravitazionali significativi (come in prossimità di un buco nero o di una stella di neutroni); il tempo viene in questi casi enormemente influenzato nel suo scorrere, fino ad arrivare addirittura a fermarsi in taluni casi estremi, come in prossimità dell'orizzonte degli eventi.

    Non a caso, i buchi neri, che sono gli oggetti fisici dove sono massime densità di materia e campo gravitazionale, sono associati alla possibilità di creare ponti spazio-temporali.

    Per capire un po' meglio il concetto di "tempo influenzato dalla gravità" dobbiamo raffigurarci lo spaziotempo (o "cronotopo", mutuando il termine dalla geometria) come un telo perfettamente elastico, ben tirato, increspato in qualche punto da alcuni gravi (un'increspatura è detta "curvatura spaziotemporale").

    La gravità è rappresentata dalla deformazione di questo telo (per l'appunto, dalla curvatura spaziotemporale) che si flette, ad esempio, nei dintorni della massa di una stella, proprio come farebbe una palla da biliardo su un telo elastico. Il tempo può essere visto invece come l'inclinazione di questo tessuto, che in prossimità delle infossature si accentua (si dilata e si allunga).

    Vari esperimenti realizzati nel corso degli ultimi dieci anni danno l'impressione di un effetto retrogrado, ossia di un viaggio nel tempo verso il passato, ma sono interpretati in modo diverso dalla comunità scientifica.

    La realizzazione di un viaggio nel passato o nel futuro, oltre ai problemi teorici, presenterebbe notevoli difficoltà tecniche. Secondo le teorie che ammettono la possibilità di un viaggio nel tempo, come quella dei ponti di Einstein-Rosen, sarebbe necessaria una quantità enorme di energia, pari alla potenza elettrica mondiale.

    Alla difficoltà di produrre enormi quantità di energia, si aggiungono quella di produrla in tempi brevi di pochi minuti, in un solo sito (il luogo dell'esperimento), e di non disperderla su grandi distanze.

    L'alternativa alla produzione in un solo sito è quella di convogliare nel luogo dell'esperimento l'energia prodotta altrove da una moltitudine di centrali, tramite un numero opportuno di accumulatori ad alta capacità collegati in serie. L'energia sarebbe sottratta alla rete di distribuzione, con un apparente blackout elettrico.

    Le potenze in gioco sono simili a quelle che un'esplosione nucleare produce in pochi minuti. Onda d'urto e radiazioni di una bomba atomica, tuttavia, si disperdono a distanza di migliaia di chilometri e di anni.

    Oltre a un'enorme densità di energia occorre generare una curvatura negativa dello spazio-tempo. La materia e l'energia nell'universo producono solamente una curvatura positiva. In base al principio di indeterminazione di Heisenberg, energia e tempo non possono essere misurate simultaneamente con precisione infinita. È impossibile verificare, per ogni particella di massa presente in una regione a scelta dello spazio-tempo, se tutta l'energia genera una curvatura positiva.

    La curvatura positiva dello spazio-tempo è positiva per la maggioranza dei punti, ma può essere trovato qualche punto dove non lo è. Nei punti a curvatura negativa, si è in presenza di un varco spazio-temporale, che può essere tenuto aperto con una fortissima densità di energia.

    Un ulteriore modalità di viaggio nel tempo è l'attraversamento di dimensioni esterne allo spazio-tempo è quello che ipotizza la teoria delle stringhe.

    Qualora il viaggio nel tempo fosse possibile, si andrebbe incontro ad innumerevoli paradossi molti citati nel cinema, come "Ritorno al futuro".

    Alcuni scienziati come i celebri Stephen Hawking e Roger Penrose ritengono che, qualora tentassimo in qualche modo di fare qualcosa in grado di mutare significativamente il passato, ad impedirlo interverrebbe una sorta di "censura cosmica".

    fonte: wikipedia
    [Modificato da kamo58 09/03/2012 19:30]
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    kamo58
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    Sesso: Femminile
    00 14/06/2012 09:33



    Di Aldous Huxley abbiamo già parlato, a proposito di fecondazione in vitro.
    In questo caso lo cito, a proposito del libro "La scimmia e l'essenza".

    Huxley ripropone con questo libro una sua personalissiama visione di un futuro distopico, visione che influenzerà - come anche è stato per Il mondo nuovo - un certo cinema e letteratura di genere degli anni che seguiranno. Il romanzo in questione si divide in due parti: nella prima abbiamo il narratore e un suo collega sceneggiatore di Hollywood che tra un discussione e l'altra decidono di andare a cercare l'autore di un manoscritto ("la scimmia e l'essenza" appunto) che li ha particolarmente colpiti. Nella seconda parte è riportato il soggetto cinematografico di cui i due parlavano, viene riportato senza alcuna interpolazione del nostro narratore e viene mantenuta la struttura della sceneggiatura con anche le indicazioni delle inquadrature etc. La storia immagina un mondo devastato da un qualche evento terribile (una guerra nucleare?) in cui solo l'Africa e la Nuova Zelanda, essendo zone di scarso interesse politico, sono rimaste come le conosciamo mentre nel resto del mondo e in special modo negli Stati Uniti gli umani, regrediti e nel peggiore dei casi mutanti, adorano satana e praticano il culto del dolore. In altre zone dell'America invece dominano le scimmie. Il ruolo del protagonista viene affidato ad un botanico proveniente dalla nuova zelanda e, una volta catturato, cercherà di accaparrarsi le simpatie del clero comandante e si innamorerà di uno dei vascelli (così vengono chiamate le donne, utili solo per la riproduzione e alcuni lavori pesanti). Questa la storia, come dicevo vista e rivista negli anni, ma il taglio grottesco che ne fornisce l'autore è la marcia vincente del romanzo: nella prima parte sono presenti frecciatine al mondo patinato e superficiale di Hollywood mentre nella seconda l'immaginazione va oltre fino a dipingere uno di quei futuri tanto temuti e possibili: l'abbrutimento dell'uomo, la nascita di un clero specularmente opposto a quello di tante religioni attuali (comica è l'usanza di farsi "il segno delle corna") e la paura come strumento di governo sono alcuni dei più efficaci tratti che Huxley utilizza per far riflettere e discutere sulla politica dei suoi anni. Un titolo quindi a mio avviso poco conosciuto ma molto particolare e che merita sicuramente un posto nelle librerie degli appassionati di questo genere.

    "Ritorno alla fame. La nuova fame, la grande fame, fame di giganteschi classi proletarie industrializzate, fame di cittadini pieni di soldi, provvisti di ogni comodità moderna, con automobili e radio e qualsiasi ordigno immaginabile; fame che è causa di guerre totali che sono causa di fame anche maggiore."

    In questa guerra, nefasta e che ha distrutto il mondo in un ipotetico 2108, vengono usate armi geneticamente modificate.
    L'autore cita la Morva una malattia infettiva e contagiosa degli equini a decorso cronico, trasmissibile all'uomo, una malattia estremamente rara solitamente ad esito infausto, circa tre settimane.
    Nel libro essa viene "rafforzata" dagli scienziati che riescono a raggiungere una mortalità del 100%.

    "Alcuni giovani scienziati, adesso al servizio del vostro Governo, sono riusciti però recentemente a ottenere che la mortalità sia totale. E non soltanto quelli che sono al servizio del vostro Governo, ma anche tutti gli altri organizzatori, incaricati o autoeletti, dalla schizofrenia collettiva mondiale. Biologi, patologi, fisiologi..."


    La scienza


    Armi biologiche

    Negli Stati Uniti l'allarme rosso è scattato il 12 maggio 1995 con l’arresto di Larry Harris, un tecnico di laboratorio dell'Ohio facente parte dell'organizzazione estremista "Aryan Nation". Una settimana prima, con una carta intestata falsa e comunicando il numero della sua carta di credito, era riuscito ad acquistare per posta dalla American Type Culture Collection di Rockville, una società di forniture biomediche del Maryland, tre fiale contenenti Yersinia pestis, il bacillo che causa la peste. Nel novembre 1995, Harris, condannato ad una blanda pena per "frode postale", è stato rimesso in libertà; il tribunale ha creduto alla sua versione: effettuare ricerche per neutralizzare ratti iracheni, secondo lui, infettati con la peste dagli scienziati di Saddam e introdotti negli Stati Uniti. Di certo, se avesse voluto coltivare un arsenale biologico, il suo compito sarebbe stato spaventosamente semplice. Dividendosi ogni 20 minuti, un singolo bacillo di Yersinia pestis può produrre in 8 ore 16 milioni di copie di se stesso; in 12 ore, 68 miliardi; in una giornata una sterminata colonia capace di devastare con la peste polmonare una metropoli.

    Dopo questo episodio negli Stati Uniti l’acquisto e lo spostamento di agenti patogeni è stato sottoposto ad un rigido controllo, affidato ai Centers for Disease Control and Prevention. Nonostante ciò, gli allarmi si susseguono. L’ultimo risale al 20 febbraio 1998 quando l'FBI ha arrestato, alla periferia di Las Vegas, Larry Wayne e Bill Leavitt. Una valigetta di alluminio, custodita nella macchina dei due, conteneva delle strane provette di vetro blindato e dentro le provette una sostanza micidiale se inalata: spore di Bacillus anthracis. In assenza di un’adeguata terapia, 8.000 di queste spore (meno di un milionesimo di grammo) possono uccidere un essere umano in cinque giorni.

    Ancora peggio usando altri microrganismi, come il virus di Ebola. Secondo l’FBI, Shoko Asahara, capo della setta Aum Shinrikyo, responsabile di aver disseminato, il 20 marzo 1995, Sarin, un gas nervino, nella metropolitana di Tokyo (12 persone uccise, migliaia di intossicate) si era recato nell'ottobre 1992 nello Zaire proprio per ottenere campioni di questo micidiale virus (per fronteggiare il quale non esiste ancora nessuna valida terapia) da mettere in coltura e utilizzare in attacchi biologici. Ma invece di ricorrere ad esotici microrganismi, un terrorista potrebbe trafugare qualcuna delle nuove armi batteriologiche, già esistenti negli arsenali di almeno dieci nazioni, e capaci di moltiplicarsi . in maniera prodigiosa all'interno dell'organismo del "nemico" prima di trasmettersi all'esterno perpetuandosi.

    Ad esempio un microscopico fungo - il Blastomyces dermatidis - le cui spore possono essere inalate e insediarsi quindi nei polmoni; lì, il fungo comincia a prolificare e, nel giro di qualche giorno o di qualche ora, cominciano a formarsi lesioni granulomatose. A questo punto il soggetto (questa infezione colpisce preferenzialmente soggetti maschi tra i 30 e i 40 anni che è il "target" dei soldati) è spacciato e, quasi sempre, poco prima di morire, tossisce rabbiosamente provvedendo a disseminare intorno a sé altre spore del fungo. La letalità dell'infezione è del 90 per cento e può essere arginata soltanto se si conosce esattamente il "ceppo" del fungo utilizzato e, quindi, il tipo di antibiotico da utilizzare: una procedura lunga e difficile che, di certo, è stata preventivamente compiuta dall'attaccante per proteggere le proprie truppe. Una procedura davvero difficile se fossero le spore di Bacillus anthracis, realizzate da Andrei Pomerantsev del Centro scientifico statale di microbiologia applicata di Obolensk, nei pressi di Mosca; queste spore, producendo la variante di una tossina batterica denominata "cereolisina", risultano invulnerabili agli antibiotici e ai vaccini usati, ad esempio, per immunizzare le truppe statunitensi impegnate in Iraq durante la Guerra del Golfo.

    La scoperta di Pomerantsev, da egli stesso divulgata, nel gennaio 1998, su riviste scientifiche occidentali, e la constatazione che circa il 90% degli scienziati dell'ex Unione Sovietica che lavoravano nel sistema "ricerca e sviluppo" della guerra biologica hanno abbandonato il paese alla ricerca di nuovi incarichi delinea scenari davvero tenebrosi. E a fatto aprire all’opinione pubblica su un capitolo della storia che si riteneva chiuso per sempre: la guerra batteriologica.
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    kamo58
    Post: 5.163
    Sesso: Femminile
    00 01/09/2014 12:22
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