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Spaghetti western

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    kamo58
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    00 04/04/2012 12:45



    Inizialmente il termine Spaghetti western, nato negli Stati Uniti, voleva solamente indicare dei lungometraggi girati in italiano, con budget ridotti e povertà di mezzi, secondo le convenzioni dei primi western, in parte intenzionalmente, in parte come conseguenza della limitatezza delle risorse finanziarie. Nonostante un'iniziale diffidenza, il genere si andò sempre più imponendo presso il grande pubblico, mentre la critica si limitò per lungo tempo a riconoscere unicamente il valore di quello che fu il massimo esponente e maestro indiscusso del genere, il regista Sergio Leone (e di un pugno di attori impegnati nei suoi film). Costui, fin dai suoi primi lungometraggi, si era guadagnato infatti la stima e il rispetto dei propri "colleghi" americani e una crescente popolarità presso le platee statunitensi e internazionali.

    Non vi è dubbio comunque che lo Spaghetti western, per il tipo di personaggi e di situazioni rappresentate, abbia dato una ulteriore spinta, anche negli Stati Uniti, verso un revisionismo del western. Già dalla fine degli anni sessanta gli stessi americani infatti dovettero fare i conti col nuovo stile rimbalzato dall'Europa e imposto da Sergio Leone, tanto che già dalla prima metà degli anni settanta in molti western prodotti negli Stati Uniti si nota una diversa impostazione di personaggi e situazioni, che si fa via via più vicina a quella dello spaghetti-western di qualità, piuttosto che al western classico alla John Ford.

    Dagli anni ottanta, poi, si è avuta una sorta di riabilitazione ufficiale, a livello di critica, anche di alcuni film a torto considerati "minori". Tale rivalutazione, che si è estesa con gli anni anche a molti altri film ascrivibili al genere, ha trovato ultimamente la sua espressione più significativa in una celebre mostra retrospettiva organizzata nell'ambito della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia del 2007.

    Molte produzioni di spaghetti-western erano a basso costo e gli esterni venivano perciò girati in luoghi che ricordavano il lontano west americano ma erano meno dispendiosi di esso, spesso nel sud della Spagna, nel Lazio, in Sardegna o, più raramente, nell'Africa mediterranea.

    Il primo western italiano fu Il terrore dell'Oklahoma (1959), di Mario Amendola. I film più conosciuti, e probabilmente gli archetipi del genere, sono quelli della cosiddetta trilogia del dollaro, diretti proprio da Sergio Leone, con Clint Eastwood (che diede vita al ruolo dell'Uomo senza nome) e le famosissime colonne sonore di Ennio Morricone (tre nomi che ormai oggi sono sinonimi del genere stesso): Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965) ed infine Il buono, il brutto, il cattivo (1966). Quest'ultimo è senza dubbio uno dei western più famosi di tutti i tempi, ed ebbe, relativamente agli altri film, un bilancio atipicamente alto: quasi un milione di dollari. A questa trilogia Leone aggiunse poi il capolavoro monumentale C'era una volta il West (1968), un affresco nostalgico sull'epopea del West al tramonto, in cui i personaggi acquistano un maggiore spessore umano e la magistrale abilità tecnica e narrativa del regista si fonde con un soggetto ricco di significati, incontrandosi idealmente con le tematiche crepuscolari del nuovo western statunitense.

    Molti spaghetti-western alla loro uscita furono considerati dei film di serie B, cioè opere di bassa qualità. In realtà, come abbiamo avuto modo di vedere, accanto a produzioni di carattere esclusivamente commerciale e senza pretese artistiche figurano opere, come la già citata trilogia del dollaro e C'era una volta il West, considerate concordemente dalla critica delle pietre miliari della storia del cinema. Oltre a Sergio Leone, altri noti registi (fra cui Florestano Vancini, Duccio Tessari, Sergio Corbucci, Lucio Fulci e Sergio Sollima) si cimentarono nel genere, spesso con buoni risultati qualitativi.

    Tra le varianti più significate ricordiamo il western gotico che vanta titoli come I quattro dell'apocalisse e Joko invoca Dio... e muori dove alla solarità degli scenari western si contrappongono scenari cupi e cimeteriali. In Sentenza di morte di Mario Lanfranchi (1968) appare addirittura uno sorta di "cowboy zombie" (ben prima del romanzo e del romanzo grafico Dead in the West di Joe R. Lansdale). Anche il western peplum e il thriller western hanno avuto il loro momento d'oro durante la grande stagione di uno dei generi più prolifici della storia del cinema.

    Daniele D'Anza nel 1968 sceneggiò per la RAI Non cantare, spara una parodia western musicale con il Quartetto Cetra.

    Va ricordato anche il fortunato filone che ha avuto come protagonisti Bud Spencer e Terence Hill, con i quali, a partire dagli anni settanta, si inaugurò una sorta di divertente parodia degli spaghetti-western.

    Il genere, dopo l'esplosione incredibile degli anni sessanta e settanta, scomparve repentinamente quasi del tutto, dando vita a pochissimi film negli anni ottanta e novanta, destino d'altronde non diverso da quello del film western in senso lato, anche statunitense, ormai quasi del tutto scomparso dalle nuove produzioni.

    In un certo senso, l'ultimo grande film del genere può essere considerato, con le giuste considerazioni, Gli spietati (Unforgiven) del 1992, che vede l'icona del genere Clint Eastwood dietro la macchina da presa. Nei titoli di coda appare la significativa dedica: "a Sergio [Leone]" (la stessa che più di dieci anni dopo, nel 2003, Quentin Tarantino ha inserito nei titoli di Kill Bill vol. 1 e Kill Bill vol. 2).

    Alcuni film di caratteristiche similari e di produzione spagnola prendono il nome di chorizo-western o paella-western, mentre una pubblicità per la commedia giapponese Tampopo coniò la definizione di noodle-western (noodle sono proprio gli spaghetti giapponesi) per descrivere la parodia di un ristorante di noodle. I moderni film western di Robert Rodriguez sono stati soprannominati burrito-western.


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    Nel 1971 Franco Ferrini pubblicò sulla rivista Bianco e Nero un articolo in cui individuava nove situazioni-tipo che distinguevano il western all'italiana da quello classico. Queste situazioni riguardavano l'uso diverso che negli spaghetti-western viene fatto dell'alcol, dei nomi, della banca, delle armi, della legge, del cimitero e del duello.

    Al di là di questo, si può dire che nei western all'italiana il protagonista non è quasi mai un eroe, ma più spesso un antieroe mosso da interesse invece che da motivazioni idealistiche. Il western italiano non è, poi, ottimista né tantomeno moralista come quello classico, e presenta quasi sempre il denaro come unico vero interesse dei personaggi. Le storie e le scene sono in genere più cruente, i personaggi più cinici, "niente più storie d'amore e lunghe e noiose chiacchierate dal tono moraleggiante ma tantissima violenza e azione a volte spinta ai livelli più estremi".[1]

    Nei western all'italiana la classica distinzione fra il "buono" e il "cattivo" viene così a sfumarsi notevolmente rispetto al western americano: specie dalla rivoluzione stilistica imposta da Sergio Leone in poi, tutti i personaggi, anche quelli "positivi", appaiono in genere più cinici, trasandati, sporchi, ma in fondo più realistici; le stesse ambientazioni più inospitali, i villaggi appaiono desolati e polverosi.

    Ne esce, in definitiva, una immagine certamente meno epica e in generale molto più dura dell'Ottocento americano nelle regioni del west. Da questo punto di vista, il fatto che gli autori dei film (e il pubblico a cui erano destinati principalmente) non fossero americani, ha senza dubbio consentito di distaccarsi con maggiore libertà dagli stereotipi più tradizionali e nostalgici del West, viceversa sentito ancora dagli statunitensi come una epopea nazionale.

    Anche per questo motivo, inizialmente, il genere fu visto con diffidenza dagli americani (il termine stesso spaghetti-western aveva infatti anche un sottinteso vagamente dispregiativo): alle differenze stilistiche si aggiungeva infatti una sorta di dissacrazione del mito del west, che aveva l'aggravante, dal loro punto di vista, di provenire da autori non americani.

    Gli spaghetti-western venivano talvolta girati nel deserto spagnolo di Almería, ma molti di essi furono ambientati in locazioni dell'Italia centrale e del Lazio. Spesso le riprese hanno avuto luogo in zone di alta quota, dove è facile la formazione di fenomeni nuvolosi: ciò spiega come mai in molti film il sole sia poco o per nulla visibile, elemento che finiva per accrescere il carattere 'desolato' delle scenografie. Le locazioni più usate erano la piana carsica di Camposecco, presso Camerata Nuova (ai confini fra Lazio e Abruzzo), il parco della Valle del Treia fra Roma e Viterbo, le zone di Bassano Romano e Formello (all'epoca scarsamente urbanizzate), le cave di travertino presso Tivoli Terme e la campagna di Lunghezza alla periferia di Roma, e ancora i Piani di Castelluccio, nei pressi di Norcia, i rilievi dell'Amiata e del Gran Sasso. Temi ricorrenti dei western girati in Spagna (dove si ricorreva a comparse locali) erano la Rivoluzione messicana, i banditi messicani e la zona "calda" del confine tra il Messico e gli USA. Scarsa o nulla invece fu invece negli italowestern la presenza dei pellirosse e dei nativi, particolarità dovuta anche alla evidente difficoltà nel reperire in Europa attori e comparse che avessero una fisionomia adatta.

    Tipici del genere sono anche i titoli, particolari e quasi "parlanti", delle vere e proprie frasi che rispecchiano gli stereotipi delle pellicole (vedi filmografia a fondo pagina), al pari dei nomi e soprattutto dei soprannomi dei personaggi: Trinità, Alleluja, il Magnifico...

    Altrettanto caratterizzante è la presenza ricorrente di alcuni personaggi, Django, Sartana, Sabata giusto per citare i più famosi, a creare delle saghe a volte lunghe anche una decina di film, che puntavano molto sul richiamo del personaggio già noto al pubblico, oppure creando ogni volta nuovi protagonisti molto simili tra loro (ci sono svariati Joe ed altrettanti Colt, vedi anche qui la filmografia).

    Un elemento caratteristico è la presenza di molte sparatorie e l'uccisione di molte persone, soprattutto da parte del buono che si fa giustizia da solo. In questo contesto rientra anche la presenza costante del duello, spesso alla fine del film, vero apice di tutta la vicenda.

    fonte: wikipedia
    [Modificato da kamo58 04/04/2012 12:46]
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    kamo58
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    00 06/04/2012 16:50



    Sergio Leone


    Nei primi anni sessanta, Leone fu fortunato a essere tra i primi pionieri del genere che prese il loro posto nelle preferenze del largo pubblico, il western, dando anzi vita a un proprio importante sottogenere di matrice italiana, noto con il nome di spaghetti-western, il cui modello di stile divenne il primo film del genere del regista, Per un pugno di dollari, del 1964, uno dei più famosi della storia del genere. Il film ricalca in gran parte la trama de La sfida del Samurai (in giapponese Yojimbo), film di Akira Kurosawa del 1961. Infatti Leone fu accusato di vero e proprio plagio da Kurosawa, che vinse la causa ottenendo come risarcimento i diritti esclusivi di distribuzione (di Per un pugno di dollari) in Giappone, Corea del Sud e Taiwan, nonché il 15% dello sfruttamento commerciale in tutto il mondo.

    Ha lanciato nel firmamento delle star Clint Eastwood, che fino ad allora era rimasto un modesto attore televisivo statunitense con pochi ruoli al suo attivo. In questo periodo si firmò spesso Bob Robertson, una anglofonizzazione del nome d'arte usato dal padre Vincenzo, Roberto Roberti.

    La versione definitiva del film fu fortemente condizionata dai problemi di budget basso e in parte alle numerose ubicazioni spagnole; presenta una violenta e moralmente complessa visione del Far West statunitense che sembra da un lato rendere tributo ai classici western, mentre da un altro se ne distacca nei toni.

    I due film seguenti, Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966), completano quella che è conosciuta come la "trilogia del dollaro". Ciascuno di questi film ha potuto beneficiare di un budget sempre maggiore e di migliori mezzi tecnici del precedente, e le capacità del regista sono riuscite anche a produrre risultati via via superiori anche al botteghino. Tutti i film si avvalsero delle notevoli colonne sonore di Ennio Morricone

    Basandosi su questi successi, nel 1967 Leone dirige quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere il suo ultimo western: C'era una volta il West. Girato negli splendidi scenari della Monument Valley (il "vero" Far West), in Italia e in Spagna, il film risultò come una lunga, violenta e quasi "onirica" meditazione sulla mitologia del West. Al soggetto collaborarono anche due altri grandi registi, Bernardo Bertolucci e Dario Argento; quest'ultimo, all'epoca, era ancora quasi completamente sconosciuto. La sceneggiatura fu invece scritta da Sergio Donati, insieme a Leone.

    Prima dell'uscita nelle sale, tuttavia, il film fu ritoccato e modificato dai responsabili dello studio; per questo motivo inizialmente il film fu considerato un semi-flop, ed ebbe incassi al botteghino relativamente bassi. La pellicola è stata riscoperta e rivalutata solo anni dopo, e oggi è considerato da molti il capolavoro del regista, insieme a Il buono, il brutto, il cattivo e C'era una volta in America, e uno dei capisaldi del genere western.

    Successivamente, Leone diresse Giù la testa, nel 1971, un progetto messo su in poco tempo con un budget medio, interpretato da James Coburn e Rod Steiger. La pellicola è quella dove forse Leone manifesta maggiormente le sue riflessioni sull'umanità e la politica. Secondo alcuni si tratterebbe di un film scomodo, bombarolo, visto anche il titolo statunitense A Fistful of Dynamite, ovvero "un pugno di dinamite", e questa nomea ne provocò la scomparsa per circa un ventennio dai distributori e dai palinsesti televisivi.

    Leone nel frattempo non rimase completamente inattivo: scrisse varie sceneggiature e soprattutto diresse — per sua stessa ammissione — varie sequenze del film di Tonino Valerii Il mio nome è Nessuno ma, per la sua espressa volontà di fermarsi col genere western, si fece accreditare solo come produttore esecutivo; egli, collaborò inoltre, nello stesso periodo, con il regista Damiano Damiani nella pellicola Un genio, due compari, un pollo, girandone le famose scene iniziali.

    Leone portò nel genere western (e non solo) grandi novità, e il suo stile ha influenza ancora oggi. Nei western tradizionali, tanto gli eroi, quanto i cattivi tendono a essere perfetti. Al contrario i personaggi di Leone presentano elementi di marcato realismo e verità: raramente sono sbarbati, appaiono sporchi. Si presentano in genere come antieroi, personaggi dalle personalità complesse, astuti e spesso senza alcuno scrupolo. Questi elementi di crudo realismo continuano a vivere nei western odierni, e hanno avuto forti influenze anche al di fuori del genere stesso.

    "Da C'era una volta il West in poi il sogno americano di Leone inventa una delle più entusiasmanti avventure di emigrazione intellettuale di un europeo verso gli Stati Uniti degli ultimi cinquant'anni. Lo sguardo si allarga e il regista, pur mantenendo la capacità analitica di scomposizione dell'azione e di arresto del tempo, conquista il senso dello sguardo fordiano, il piacere di far cavalcare l'occhio entro coordinate geografiche conosciute"

    L'eredità e gli omaggi

    Per la sua importanza nello sviluppo del cinema, non solo per quel che riguarda il western, nel 1992 Clint Eastwood, regista e interprete de Gli spietati, inserì nei titoli di coda la dedica "A Sergio".

    Lo stesso, ha fatto, undici anni dopo, nel 2003, Quentin Tarantino, nei titoli di Kill Bill vol. 2. Grande amante del cinema italiano e di Leone, secondo un aneddoto raccontato dallo stesso regista sul set de Le iene del 1992, agli inizi della propria carriera non conoscendo ancora tutti i termini tecnici cinematografici era solito chiedere ai propri cameraman "give me a Leone", ovvero "datemi un Leone", per avere uno di quei suggestivi primissimi piani sui dettagli, marchio di fabbrica del geniale regista romano. Sempre Quentin Tarantino lo ha definito il primo regista post-moderno, che ha influenzato numerosissimi registi (lo stesso Tarantino, Sam Peckinpah, John Woo, Martin Scorsese, Brian De Palma e Clint Eastwood solo per citarne alcuni).

    Stanley Kubrick dichiarò che se non avesse visto i film di Sergio Leone non avrebbe mai potuto realizzare Arancia Meccanica e parole simili le pronunciò anche Sam Peckinpah dopo l'uscita de Il mucchio selvaggio; successivamente Leone dichiarò che Kubrick lo chiamò durante la lavorazione di Barry Lyndon per tentare un'analoga fusione tra immagine e musica di cui era maestro il regista italiano.

    Gore Verbinski con la sua pellicola Pirati dei Caraibi: Ai confini del mondo ha voluto render omaggio a Sergio Leone riguardo al film Per qualche dollaro in più, di cui è un grande fan, con la scena in cui Tia Dalma e Davy Jones posseggono due carillon identici, legati uno con l'altro.

    I fratelli Coen dopo l'uscita del loro film Il Grinta dichiararono che il loro film di genere western preferito era C'era una volta il West.

    Robert Zemeckis nella trilogia Ritorno al Futuro fa esplicitamente riferimento al film di Sergio Leone Per un pugno di dollari.

    Pasquale Squitieri ossequiò Leone con Li chiamarono... briganti!.

    Nonostante le positive critiche internazionali e il successo del pubblico, non è mai stato nominato per un Oscar.

    fonte: wikipedia
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    kamo58
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    00 13/04/2012 09:56



    La cosiddetta Trilogia del dollaro, altrimenti conosciuta come Trilogia dell'Uomo senza nome, comprende i tre primi spaghetti-western diretti dal regista romano Sergio Leone e aventi per protagonista un giovane Clint Eastwood, con le colonne sonore di Ennio Morricone.

    Per un pugno di dollari (1964)
    Per qualche dollaro in più (1965)
    Il buono, il brutto, il cattivo (1966)


    Benché non fosse nelle intenzioni di Leone, i tre film vennero considerati come facenti parte di una trilogia grazie al successo della figura enigmatica dell'Uomo senza nome (Clint Eastwood, che indossa gli stessi abiti e recita con la stessa mimica in tutti e tre i film). Il buono, il brutto, il cattivo viene considerato da molti come un prequel, poiché il personaggio di Eastwood trova gradualmente gli abiti che indossa negli altri due film. Inoltre, nell'ultimo film la Guerra di secessione americana è in pieno svolgimento, mentre nel secondo probabilmente è già conclusa. In realtà Sergio Leone non ha mai dato ulteriori informazioni sull'argomento. Leone, probabilmente, non rinuncia a scherzare e la questione dell'antefatto non va presa alla lettera: è uno dei tanti modi che il regista usa per giocare con i personaggi e con il pubblico. Secondo i ricordi di Carlo Verdone, che nel 2009 condusse uno speciale su Sky dedicato alla carriera di Sergio Leone, dal titolo Verdone racconta Leone, il regista aveva chiesto alla produzione americana attori di grosso calibro come Charles Bronson ed Henry Fonda. Questi, non conoscendo Leone, chiesero molti soldi, pur di non fare i film, e gli fu suggerito un giovane Clint Eastwood, reduce da una serie televisiva di successo in America come Rawhide.

    All'interno della trilogia si sviluppa anche il personaggio caratteristico dell'Uomo senza nome: il protagonista è sempre lo stesso uomo, con gli stessi atteggiamenti e vestito sempre dello stesso sarape e dello stesso cappello. Occasionalmente il personaggio ha un nome. Per esempio, nella sceneggiatura de Il buono, il brutto, il cattivo viene chiamato Joe, anche se nel film quel nome non viene mai pronunciato. Gli altri personaggi lo chiamano semplicemente "il biondo". Nel primo dei tre film viene chiamato Joe per tre volte, mentre nel secondo è conosciuto come "il monco", per via dell'utilizzo della mano destra unicamente per sparare. Nella trilogia del dollaro la voce italiana di Clint Eastwood era di Enrico Maria Salerno.


    fonte: wikipedia