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Conosciamo le erbe aromatiche

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    kamo58
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    00 20/06/2012 09:25
    Il timo



    di Paolo Cabiati . da: la cultura del cibo.it


    Il suo apporto in cucina rischia sempre di prendere il sopravvento a causa dell'intensità del suo profumo, non a caso il serpillo è chiamato anche pepolino. Insuperabile per accompagnare la cottura del coniglio.

    Munito di foglie e di fiori il timo sorprende per la gamma di profumi che offre nelle innumerevoli varietà coltivate ed ecotipi naturali.

    Camminando in estate nei prati stabili di montagna può capitare di venire avvolti (in alcuni casi addirittura travolti) da una fragranza pungente e secca: se vi guardate ai piedi, fra le erbe più alte scoprirete di aver pestato un cespo di timo serpillo.

    Stando ai botanici il genere Thymus conta decine di specie ma due sono quelle normalmente utilizzate sia in erboristeria che in cucina: il timo comune (Thymus vulgaris L.) che è un caratteristico cespuglietto alto al massimo 40 cm ed il timo serpillo (Thymus serpillum L.) che deve il suo nome al suo portamento strisciante appunto come un serpentello.

    Nelle zone più aride prevale il primo mentre il secondo è onnipresente: dal mare ai 2900 metri di altitudine e lo si raccoglie perfino in Islanda.

    Si usa prevalentemente essiccato dopo averlo raccolto poco prima che raggiunga la massima fioritura e fa parte della miscela delle "erbe di Provenza".

    Il suo apporto in cucina rischia sempre di prendere il sopravvento a causa dell'intensità del suo profumo, non a caso il serpillo è chiamato anche pepolino, e va quindi dosato con cautela. Trovo per questo difficile l'uso nei bolliti.

    Insaporisce ottimamente i sughi per la pasta ed accompagna bene gli stufati. Rende più digeribili fagioli e ceci di cui limita i problemi "gassosi" è infatti ingrediente irrinunciabile dei fagioli all'uccelletto (fagioli borlotti, soffritto con guanciale, pomodori e timo).

    Manco a dirlo è una labiata (o lamiacea) ossia è della stessa famiglia di Salvia, Rosmarino, Menta e molti altri giganti del mondo degli aromi. Nonostante siano ciascuno molto riconoscibile secondo me "si capisce che sono parenti" e mi diverto a provare a sostituirli nelle ricette.

    Provate per esempio ad aromatizzare una focaccia o le patate al forno

    Il suo profumo intenso e pungente fino ad essere fastidioso è dovuto prevalentemente ad un composto naturale estremamente aggressivo apprezzato per diversi fini farmacologici: il timolo. Ma il suo olio essenziale contiene molti altri principi attivi (carvacrolo, cineolo, tannini, saponina, resine flavoni) che ne fanno un farmaco ancora rispettato come risolutivo delle affezioni della gola e delle alte vie respiratorie di cui facilita l'espettorazione. Fino alla Prima guerra Mondiale questo olio era il più diffuso disinfettante ed è ancora usato nei paesi del Maghreb. È infatti un antisettico con spiccate doti antimicotiche.

    Studi recenti hanno osservato una sua azione antivirale nei confronti dell'Herpes simplex ed una riduzione nella formazione delle vesciche, suggerendo una sua applicazione nel trattamento topico di questo virus.

    A livello casalingo, non potendo estrarre l'olio essenziale se ne può realizzare un olio aromatizzato con un pugno di fiori e foglie secchi in un litro di buon olio extra vergine e 40 giorni minimi di macerazione. Se al posto dell'olio usiamo un vino bianco secco ne otterremo un intenso macerato dal sorprendente color rosè che funziona bene come digestivo ma soprattutto nei raffreddori (un bicchierino prima di coricarsi) e come collutorio.

    Se siete appassionati di giardinaggio ed avete un angolo roccioso e soleggiato potete darvi al collezionismo di varietà di timo e di serpillo. Ce ne sono diverse decine e si distinguono per colore delle foglie e dei fiori, forma delle piante e soprattutto per profumi: una odora addirittura di limone!

    Concludiamo con l'angolo dell'apicoltore: il genere Thymus è mellifero di prim'ordine e soprattutto in Grecia se ne ricava un miele uniflorale, da noi lo troviamo in molti millefiori sia di macchia che di montagna. Si segnala fra le specie mellifere Thymus capitatus L.

    Non c'è infine apicoltore che non riconosca nel timolo un alleato fondamentale nella lotta alla Varroa, il temibile acaro parassita delle api.


    continua...
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    kamo58
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    00 23/06/2012 15:13
    Il prezzemolo





    Con Petroselinum hortense, questo è il nome scientifico del prezzemolo, conosciamo un'altra famiglia vegetale in cui si trovano diversi gusti e spezie ma anche verdure.

    Suoi parenti stretti sono infatti verdure come la carota, il sedano, il finocchio e la meno nota pastinaca ma anche spezie come l'aneto, il cumino, il coriandolo e l'anice e piante officinali come l'angelica e la mortale cicuta.

    Forse non sono tutti noti ma se ci si sofferma anche solo con la memoria sull'aroma di ognuno di loro si trova un tratto comune.

    In buona parte questa parentela è dovuta all'anetolo da esse contenuto responsabile dell'aroma pungente e del gusto delicatamente dolce.

    Sono quasi tutte piante biennali, cioè nel primo anno della loro vita producono solo foglie. Il freddo dell'inverno ed i giorni corti stimolano in loro la produzione dei tipici fiori ad ombrello che danno il nome alla famiglia: le ombrellifere.

    Il prezzemolo deve la sua fama proprio alle abbondanti foglie seghettate di un verde lucente dal gusto erbaceo, fresco e leggermente acidulo e salato che accompagna piacevolmente con il tipico aroma persistente.

    Se ne usano le foglioline staccandole dai gambi erbacei che risultano di gusto più forte e consistenza fibrosa e grossolana.

    Vanno tritate velocemente, non così fini da non distinguerne i frammenti ed evitando il contatto prolungato con utensili di metallo che ne causa l'annerimento e conferiscono una spiacevole punta di amaro.

    Delle persone che si trovano dappertutto e nei più diversi ambienti si dice che "sono come il prezzemolo" !

    L'uso di questo verde trito accompagna, aggiunto a fine cottura un'infinità di piatti e pietanze.
    Un elenco inevitabilmente parziale comprende minestroni di verdura, frittate, sughi di pomodoro per la pasta, torta pasqualina, non manca mai nel "Mazzetto dei gusti" per il bollito ma anche in quello del pesce al cartoccio e distingue a colpo d'occhio la salsa tartara dalle altre "majonesi".

    Provate a metterlo in tavola appena tritato e senza null'altro che il cucchiaino per distribuirlo sulle pietanze e vi stupirete di quali abbinamenti ne possono nascere.

    Il trito aggiunto di aglio condisce molte verdure saltate in padella ed i funghi che così conditi vengono detti trifolati.

    Se ad esso aggiungiamo pan pesto ed olio ecco un semplice ma saporitissimo composto con cui coprire senza parsimonia il pesce azzurro sfilettato prima di passarlo in forno.

    È l'ingrediente fondamentale del "bagnetto verde", salsa tipica piemontese di cui ogni famiglia custodisce una ricetta diversa e che oltre al prezzemolo prevede l'acciuga sotto sale, l'aglio, l'olio, l'aceto e, nelle diverse varianti, uova sode, capperi, pane raffermo, cipolla e addirittura (ma qui si rischiano guerre e scismi) poco peperoncino.

    Così condita ed accompagnata la nostra umile erbetta condisce i tomini freschi, i filetti di acciuga sotto sale, il bollito, i pomodori.

    In tempi di ristrettezze le famiglie torinesi che volevano mantenere un prestigio dissimulando le economie chiamavano "insalata inglese" l'insalata di patate lesse condita col prezzemolo e l'aceto. Mi è capitato all'estero di vedere questo contorno proposto come "patate alla piemontese".

    Fra le varietà coltivate ricordiamo il "Comune" dalle foglie sottili ed il "Gigante d'Italia" dalle fronde di gran taglia ed abbondanti. Si coltiva altresì la specie P. crispum dalle foglie fortemente arricciate utili per ornare i piatti ma meno gustose per la cucina.

    Da non trascurare infine le potenti doti officinali, vanta infatti proprietà diuretiche e sudorifere, dovute principalmente ad una sostanza flavonica: l'apioside. La abbondante dotazione di anetolo, in grado di contrarre la muscolatura liscia dell'intestino e dell'utero, ne fa un potente ed un tempo tristemente noto abortivo ma anche un facilitatore dei flussi mestruali.

    Per questi poteri, la medicina popolare lo ha sempre tenuto in gran conto ma con il timore dovuto alle streghe. È giunta fino a noi la credenza che aggiungendolo in miscela con l'aglio ai funghi velenosi fosse in gradi di toglierne il veleno. È una pericolosa menzogna! Tuttalpiù si fanno i funghi trifolati.

    Gli amanti dei gatti, dei pappagalli ed altri piccoli animali ricordino che per essi il prezzemolo è veleno.
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    kamo58
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    00 24/06/2012 11:47



    Il ginepro


    Del ginepro si usano le cosiddette bacche: grosse come mirtilli selvatici e di colore simile ma di norma più tendente al bruno.

    Anche appena colte non hanno mai una polpa succosa come le vere bacche:i botanici le definiscono coccole e galbuli come i frutti del cipresso. Infatti il nostro arbusto gli è parente ed appartiene al gruppo più antico delle piante legnose di questo pianeta. Si tratta quasi certamente della spezia botanicamente più antica.

    Ne ho raccolte alcune che maturavano a luglio sui 2000 metri ed erano di un bellissimo blu come si addice alla varietà nana tipica delle alte quote. Come consueto per questa specie potevano avere due anni perché la maturazione è molto lenta.

    Il ginepro, ma sarebbe meglio parlare dei ginepri al plurale, si può trovare dal livello del mare fino alle quote più alte dove arriva la vegetazione (2500 m.s.l.m.). Ogni quota ha le sue specie più adatte ma quasi tutte producono "bacche" utili in cucina, erboristeria e liquoristica.

    Se volete raccoglierne dovrete innanzitutto trovare una pianta femmina poiché è specie detta dioica ossia con piante di sesso diverso. Non è difficile distinguere le femmine perché portano frutti in diverse fasi di maturazione tutto l'anno. Orientatevi su arbusti o alberi che presentino una chioma costituita di aghi simili a quelli dei pini.

    Fra questi ricordiamo Juniperus communis L. il più diffuso nelle zone aride e soleggiate dal mare all'alta montagna e Juniperus oxycedrus L. più grande, tipico delle zone marittimee dotato di coccole rosse.

    Attenzione però, esistono anche ginepri dalle piccole foglie squamose simili a quelle dei cipressi e fra questi c'è la sabina (Juniperus sabina L.) dalle azzurre bacche velenose. C'è anche Juniperus phoenicea L. detto ginepro licio che invece è commestibile e molto utilizzato per distillarne l'olio essenziale, ma è meglio lasciarlo raccogliere agli esperti.

    Le sue bacche sono alla base della preparazione del Gin, che dal ginepro appunto prende il nome.

    Le origini di questo liquore risalgono all'Olanda dei tempi di Rembrandt e delle conquiste coloniali. Per curare le febbri e le affezioni renali dei marinai e dei soldati spediti "nelle Indie" il medico di Leida, Franciscus Sylvius, introdusse l'uso di un infuso di ginepro in alcol di cereali. Il successo del farmaco fu tale che divenne ben presto un genere di consumo.

    Si diffuse in Inghilterra dove l'infuso originale venne arricchito di coriandolo e altre spezie e quindi ridistillato come il gin che conosciamo oggi.

    Il ginepro migliore è sempre stato prodotto sull'arco alpino ed è nella cucina di montagna che ne ritroviamo il più ampio uso. Innanzitutto nella cottura delle carni (selvaggina in testa) nel condimento dei salumi e nell'affumicatura degli speck.

    Accompagna bene alcune verdure che si avvantaggiano della sua caratteristica nota dolciastra e balsamica: tradizionalmente condisce i crauti ma è speciale con le carote al burro.

    Alcuni lo usano per preparare il vin brulè associandolo al timo.

    Volendo può comparire nelle zuppe a base di pane e formaggio.

    Esistono formaggi aromatizzati al ginepro così come ricette di dolci e creme simili allo zabaglione che prevedono le coccole fra gli ingredienti.

    In fitotereapia si apprezza la sua robusta dotazione di terpeni (pinene, cadinene, canfene) ed altri composti aromatici. La loro abbondanza però impone l'uso dell'olio essenziale solo diluito.

    L'attività diuretica del ginepro è nota da sempre ma la sua azione è tale da sconsigliarne l'uso in caso di affezioni renali, agisce anche potentemente sulla muscolatura involontaria dei visceri quindi è ottimo stimolante dell'appetito e digestivo ma è pericoloso per le donne gravide. La frazione balsamica è efficace nelle affezioni respiratorie. Infine viene usato per frizioni contro i dolori articolari.

    Un uso curioso che riporto da fonte certa ma non ho potuto degustare personalmente è la consuetudine di integrare la nutrizione dei conigli con rami di ginepro per alimentarli di solo ginepro prima di macellarli in modo da ottenere carni particolarmente sapide.

    Così come costituì la spezia dei montanari che non avevano facile accesso alle spezie esotiche, i suoi rametti fungevano un tempo da succedanei dell'incenso sia per scopi rituali che per la disinfezione per affumicamento di case e stalle. Non era solo superstizione ma è provata una decisa azione antisettica dei vapori e fumi ricchi dei suddetti terpeni.

    Curiosità finale: Juniperus virginiana, che è un vero e proprio albero, è utilizzato nella produzione delle matite. È inconfondibile il profumo balsamico delle matite prodotte col suo legno rossiccio.


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    kamo58
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    00 25/06/2012 10:48



    Il finocchio


    Il finocchio è di quei vegetali che sono tanto ortaggi che spezie e fa parte di quei condimenti tipici della nostra vegetazione e quindi sicuramente più legati al nostro territorio ed alla storia più antica della nostra cultura e cucina.

    L'intensità del suo profumo ed il particolare abbinamento di note dolci e profumi intensi ne ha determinato il successo come droga di produzione locale e nell'uso lo troviamo infatti in preparazioni di salumeria o cucina utilizzato in luogo del pepe e di altre spezie esotiche.

    Pianta selvatica e perenne è sicuramente apprezzata dall'uomo come condimento e spezia da molto tempo nel suo areale di origine che è il bacino del Mediterraneo. Si trova negli incolti soleggiati ed asciutti soprattutto lungo le coste ma anche a quote collinari nell'interno.

    La coltivazione delle varietà dolci è attestata dal 1500 ma le piante selvatiche continuarono ad essere apprezzate come condimento e se ne distinguono diverse provenienze, diverse per la forza e per l'aroma.

    Il finocchio (Foeniculum vulgare Mill.) appartiene alla famiglia delle ombrellifere come il prezzemolo, la carota, il sedano fra le verdure e fra le spezie il cumino, l'anice verde, il coriandolo e l'aneto.

    Il nome della famiglia dipende dalle caratteristiche infiorescenze ad ombrello che le piante producono generalmente dal secondo anno di vita.

    Come spezia si usano i semi delle piante selvatiche più ricche di aromi rispetto alle varietà dolci coltivate.

    Per essere pignoli non si tratta di semi bensì di frutti secchi detti acheni ma oggettivamente appaiono dei semi biondo grigi allungati e rigati per il lungo da piccole creste ricche di oli essenziali.

    La verdura che conosciamo è detta grumolo ed è costituita invece dal giovane fusto (il cosiddetto torsolo) avvolto dalle basi dei piccioli delle foglie (dette guaine fogliari). La distinzione in maschi e femmine è puramente commerciale ed è legata alla forma dei grumoli: più tondi i primi più schiacciate le seconde. Tutti danno fiori ermafroditi come proprio della loro specie.


    Quando sono ancora immaturi ma già distesi i giallastri fiori del finocchio, sia selvatico sia coltivato, sono usati come condimento delle castagne bollite, delle olive in salamoia, in zuppe di legumi ed in diverse ricette regionali di carne e di pesce. Possono essere abbinati o sostituiti nell'uso anche dai germogli o dalle parti più tenere della pianta.

    Personalmente trovo che non possa mancare nella cottura dei pesci.

    Il contenuto aromatico è caratterizzato da alcoli complessi e terpeni fra cui spicca l'anetolo. È questo l'aroma che contraddistingue molti vegetali di questa famiglia.

    Sono proprio i terpeni che ne hanno promosso l'uso in salumeria in sostituzione almeno parziale del pepe, più caro ed inaccessibile ai meno abbienti: questa l'origine della finocchiona il popolare salame toscano.

    Si trova anche in diversi dolci e prodotti da forno cui conferisce una particolare digeribilità. A maggior prova della onnipresenza nella nostra cucina regionale ricordiamo i tarallucci pugliesi ed i finocchini monferrini, simili a fette biscottate rettangolari dolci ed aromatizzate ai semi di finocchio e consumate tradizionalmente intinte nel vino rosso.

    In campo dolciario e liquoristico il finocchio subisce impari concorrenza da parte del suo cugino l'anice verde e soprattutto dell'anice stellato con cui non è nemmeno imparentato e che è più potente nella componente dolce ed aggressiva ma meno complesso nel bouquet di aromi.

    Fa eccezione il finocchiello, liquore tirrenico ottenuto tradizionalmente dall'infusione dei fiori.

    In fitoterapia la tisana di semi di finocchio è rinomato per le proprietà digestive e soprattutto nella cura dell'areofagia e delle coliche infantili. È consigliata per questo alle donne che allattano.

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    kamo58
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    00 26/06/2012 12:57

    Il basilico




    Il basilico è una pianta erbacea annuale originaria dell'Asia e dell'Africa. Non si trova allo stato spontaneo e viene coltivata in tutta Italia durante la stagione calda.

    Nonostante l'uso limitato delle sue foglie come abbellimento (es. sulla pizza Margherita) o come condimento (es. il pesto verde), questa pianta ha numerose virtù terapeutiche, legate all’uso delle foglie e delle sommità fiorite. Queste ultime si raccolgono nei mesi estivi, durante la prima fioritura, mentre le foglie da maggio a settembre. Per uso medicamentoso si usano le foglie fresche, colte prima della fioritura.

    Esercita un’azione stimolante, antispasmodica, stomachica, diuretica, contro l’alitosi e le infiammazione della bocca.

    Questa pianta è ottima per l’eliminazione dei parassiti intestinali.

    L’infuso di basilico può risolvere efficacemente i disturbi gastrointestinali, dispepsie, emicranie da digestione e insonnia.

    Può essere utile inoltre per migliorare la concentrazione e in caso di astenia psicofisica. È quindi ottimo come tonico e può essere usato dagli studenti in periodo di esami.

    Le foglie contengono inoltre sostanze repellenti per gli insetti: in estate è quindi utile strofinarne una piccola quantità sulla cute per allontanare mosche e zanzare.

    Qualche consiglio d’uso:

    Infuso contro il mal di testa, i crampi allo stomaco e all’intestino

    Porre circa mezzo cucchiaio di foglie di basilico in 2,5 dl di acqua bollente; coprire il pentolino per dieci minuti, filtrare e bere.

    Infuso per le malattie da raffreddamento e acne

    In 2,5 dl d’acqua bollente versare 1 cucchiaino di figlie di basilico e 1 di angelica; per potenziare le difese immunitarie aggiungere la radice di echinacea. Bere l’infuso dolcificato 2-3 volte al giorno.

    Contro l’acne, versare una piccola quantità d’infuso su un batuffolo di cotone e passarlo due volte al giorno sulle zone interessate.
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    kamo58
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    00 22/07/2014 16:33
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