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La cucina ebraico romana

A Roma, i due tipi di cucine, sono così ben radicate nella tradizione che è difficile a volte distinguerne l’origine. La maggior differenza tra le due cucine sta soprattutto nel mancato uso di alcuni ingredienti e nel diverso utilizzo di altri. Sono ricette per lo più tramandate di madre in figlia.
Una folta comunità ebraica, esisteva a Roma, già prima della nascita di Cristo ed aveva una sua sinagoga ad Ostia.
Con il passare dei secoli molti artigiani di origine ebraica si stabilirono nelle vicinanze di ponte Fabricio che per questo motivo fu ribattezzato pons judeorum.
A metà del XVI secolo papa Paolo IV mise fine allo sviluppo della comunità ebraica confinando gli ebrei nel ghetto, che si trova a ridosso del teatro Marcello.
Un decreto vietò ai romani di fede ebraica di uscire fuori dal loro quartiere e i portoni del ghetto vennero inoltre chiusi durante la notte fino al 1870.
La cucina kasher ha regole molto rigide, sono vietati ad esempio: carne di animali non ruminanti e i pesci che non hanno pinne e squame, come molluschi, calamari, polipi… Sono inoltre considerati impuri, animali come il maiale, il coniglio, la lepre. Gli animali che si possono mangiare, devono essere macellati in maniera tradizionale senza che soffrano e dissanguati prima del consumo. Altre limitazioni sono:
- divieto di cucinare insieme carne e latte;
- divieto di mangiarli insieme;
- divieto di consumare ciò che deriva dall'insieme di carne e latte.
Le verdure e la frutta sono tutte ammesse a patto che siano ben lavate con acqua ed aceto per eliminare eventuali animali impuri presenti come gli insetti o le lumache.
La cucina ebraica è divisa principalmente in sefardita e ashkenazita. I sefarditi rappresentano il ramo meridionale della famiglia ebraica. Provengono principalmente da Spagna, Portogallo, Francia meridionale e nord Africa. La loro è una cucina mediterranea, fantasiosa e colorata, ricca di verdure e frutti come mandorle e datteri. Un piatto tipico sefardita è lo stufato di carne e i numerosi dolci ricchi di miele. Gli ebrei ashkenaziti risiedevano invece nell'Europa centrale e la loro cucina risente quindi di tradizioni nordeuropee: composte di frutta, patate, pesce ripieno e brodi di pollo.
La cucina romana si rifà alla tradizione sefardita, è una cucina molto semplice che prevede l’aggiunta di uvetta, pinoli, cannella e chiodi di garofano in alcune preparazioni.
Vi sono ricette che ormai si ritengono tipicamente romane, ma partono dalla cucina ebraica, come le zucchine con pomodoro, le zucchine ripiene di carne, i carciofi alla giudia, e forse anche i pomodori con il riso. La concia invece è un modo molto appetitoso di preparare le zucchine fritte che messe a strati in un recipiente ed insaporiti con aglio e basilico vengono poi irrorate con un po’ d’aceto ed olio di cottura. Sono buonissime mangiate dopo qualche tempo dalla prepazione e si conservano per alcuni giorni.
Il fiore all’occhiello della cucina ebraica a Roma è la pasticceria è da qui che sono usciti i dolci più elaborati della cucina romana, vengono molto usate le frutta secche ed il miele. Famosissima è la crostata di visciole che un tempo si trovava un po’ ovunque ma ora è confinata soltanto nelle fornite pasticcerie del ghetto.
Io adoro gli aliciotti con l'indivia che faccio spesso dopo averli mangiati in un famoso ristorante nel ghetto di Roma.
E’ una ricetta d’origine ebraica, nata sembra nel 1660, quando il papa tra le tante regole imposte, obbligò gli ebrei a mangiare il pesce azzurro. Sono ottime da mangiare sia calde che fredde, in questo caso è un piatto che viene preparato il venerdì per i festeggiamenti del Sabato ebraico, quando è vietata ogni attività al di fuori della preghiera.