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La zattera della Medusa - Géricault

Ultimo Aggiornamento: 01/03/2012 16:06
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Sesso: Femminile
01/03/2012 16:06
 
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Per la sua opera più ambiziosa, La Zattera della “Medusa”, Géricault si ispirò ad un tragico fatto di cronaca contemporanea. Il 2 Luglio 1816 una fregata della marina francese in navigazione da Brestm verso il Senegal, si incagliò su un banco di sabbia, 160 chilometri al largo della attuale Mauritania probabilmente a causa dell'inettitudine del comandante De Chumaray, il quale non disponeva di carte nautiche aggiornate. De Chaumaray imbarcò 250 passeggeri, incluso il governatore del Senegal, Julien Désiré Schmaltz, la moglie e la figlia, alcuni notabili con le loro famiglie e i loro bagagli su sei scialuppe. E poi 139 fra equipaggio, sottufficiali e il medico di bordo su una zattera di 20x10 m., legata alle scialuppe da una cima. In questo modo i superstiti iniziarono il viaggio verso la costa, ma, poco dopo l’inizio della navigazione, la cima si ruppe (o venne tagliata) e la zattera fu abbandonata al suo destino. Probabilmente gli uomini sulle scialuppe si stancarono di trascinare la zattera. Dei 139, 20 morirono (o si suicidarono) già la prima notte, quasi la metà finì in mare in seguito a lotte tra gli stessi naufraghi. Al nono giorno i venticinque sopravvissuti si diedero al cannibalismo: a 12 giorni dal naufragio, il tredicesimo giorno i superstiti (sul cui numero si hanno discordanti versioni: 13, 15 o 20) vengono salvati dal battello Argus, cinque morirono la notte seguente.
Géricault fu a lungo indeciso su quale aspetto rappresentare della vicenda: pensò all’ammutinamento, poi all’arrivo della nave salvatrice, ma poi scelse uno dei momenti più carichi di tensione drammatica, quando i naufraghi avvistano una nave all’orizzonte ma non riescono a farsi notare. L’artista aspirava al capolavoro, credeva nell’opera-summa, per questo i suoi pochissimi quadri finiti condensano estenuanti ricerche e studi. Per la Zattera, per esempio, Géricault lesse i resoconti della vicenda, interrogò i sopravvissuti, viaggiò per mare per osservare gli effetti delle onde, frequentò gli obitori per ritrarre dal vero le membra contratte dei defunti, per studiare “tutte le sfumature del dolore fisico, dell’angoscia morale” (Frammenti anatomici). Ci restano una cinquantina di schizzi, disegni, studi a olio e acquarello attraverso cui possiamo seguire le varie fasi che portano il pittore alla scelta del momento esemplare del dramma.
La ricerca realistica non significa che Géricault si proponesse di ricostruire fedelmente la vicenda, e difatti vari particolari divergono dalla realtà: la zattera, lunga una ventina di metri, appare più piccola, l’albero era dotato di un posto di osservazione che non è stato rappresentato, e così via. L’artista parte dalla cronaca, ma progressivamente nel passaggio dall’una all’altra versione, elimina i connotati più legati al contingente per accrescere l’universalità della scena, realizzando così una sorta di sintesi tra fedeltà al vero e intento ideale.
In effetti la scena potrebbe essere ambientate in qualsiasi epoca.
Nel quadro risulta evidente la spinta da sinistra verso destra. Ritrae in uno schema piramidale dovuto dall'albero e dalle due corde. La struttura della composizione è accostabile a La libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix.
Sotto un cielo carico di tensione e gravido di nuvole nere, la zattera appare inclinata sul piano delle acque e quasi respinta indietro dalle onde. Su di essa il dolore assume diverse gradazioni, si va dalla rassegnazione per la morte alla speranza piena di timore. In primo piano un uomo guarda davanti a sé inebetito, e non ha più il coraggio di volgere gli occhi verso il figlio morto su cui posa la mano ( da notare la figura del ragazzo che pare una scultura ellenistica: il giovane indossa ancora i calzini, e in questo vediamo il realismo del quadro, visibile anche nei nudi michelangioleschi dei marinai); tutt’attorno giacciono i morti e i moribondi, più in là cresce il grappolo umano dei naufraghi che, rianimati da una folle speranza, protendono le braccia: due di loro, alzati al di sopra degli altri sventolano la camicia, già agitata dal vento. Ma la nave all’orizzonte è solo un puntolino, e intuiamo che non riuscirà ad avvistare la disgraziata zattera..
Il quadro,presentato al Salon del 1819, suscitò reazioni alquanto incerte: si ammirava la potenza della rappresentazione, la resa del dramma, ma destavano perplessità le tonalità cupe così estese e la mancanza di ordine, la difficoltà ad orientarsi nel viluppo dei corpi (si chiedeva un critico: “Dov’è il centro?”).
Frequente fu la lettura in chiave politica, quasi che il quadro si allineasse con l’opposizione nel criticare il governo per aver messo a tacere la vicenda della “Medusa” (il capita no che si era comportato da inetto era un esule realista rientrato in patria con la Restaurazione); d’altra parte il re Luigi XVIII in persona si congratulò con il pittore: “Ecco, signor Géricault, un naufragio che non porterà a quello dell’artista che l’ha dipinto”
In termini più generali, si vide nella Zattera della “Medusa” una metafora della crisi francese dopo il crollo napoleonico. A questa interpretazione si attenne lo storico Jules Michelet in una lezione che avrebbe dovuto tenere al Collège de France, mai pronunciata per il divieto delle autorità in un momento di involuzione conservatrice della Seconda Repubblica: “Nel 1822 […] Géricault dipinge la sua zattera e il naufragio della Francia… Su quella Zattera della “Medusa” egli imbarcò la Francia intera, tutta la sua società…” Ma il riferimento alla Francia è probabilmente da allargare ad una dimensione universale (che è poi il riflesso delle personali ossessioni del pittore): forse la Zattera è una rappresentazione di quell’orrore su cui l’uomo non riesce a riportare una vittoria definitiva.
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