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Il pane sciapo o sciocco

Ultimo Aggiornamento: 13/01/2015 12:50
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30/03/2012 08:44
 
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Tu proverai si come sa di sale lo pane altrui…” - Dante XVII canto del Paradiso - L'Alighieri, esiliato a Ravenna, con questa immortale metafora, fa notare che già in epoca medievale il pane toscano si distingueva da tutti gli altri.
Pane sciocco, senza sale, che i nostri avi crearono per una necessità. Questo alimento prese forma nel XII secolo, quando i pisani, in perenne conflitto con Firenze, bloccando il commercio del sale verso l’entroterra, ne fecero salire il prezzo alle stelle. L’azione costrinse i fornai a panificare senza sale, e le pagnotte ottenute, economiche ma molto versatili, ebbero un tale successo da diventare un simbolo della toscanità.
Per completezza vogliamo ricordare che il pane, la cui preparazione nell’antichità divideva i popoli civili da quelli barbari, in ogni tempo si è adeguato alle latitudini e alle disponibilità economiche delle varie comunità. La composizione della farina, l’elemento base, è sempre cambiata da zona a zona: frumento puro e miscelato o sostituito con il miglio, la segale, l’orzo, il mais, le castagne.
Nel cuore del Mediterraneo, là dove ebbe origine l’arte bianca (forse in Egitto, forse in Mesopotamia), per avvicinare i fedeli la cultura cristiana creò il miracolo eucaristico dell’Ultima Cena, dove il semplice pane diventò un alimento sacro, capace di mettere in contatto l’uomo con Dio.
La preghiera del Padre nostro con “…dacci oggi il nostro pane quotidiano”, invoca la provvidenza divina non solo per un cibo, ma perché protegga tutto il lavoro indispensabile ad ottenerlo.
Preparare la terra e seminare. Attendere la crescita.
Raccogliere le messi e batterle per isolarne il chicco dalla paglia.
Conservare le granaglie e macinarle (in passato con macine mosse dall’acqua o dal vento, oggi da un motore elettrico).
Amalgamare la farina con l’acqua e cuocerne l’impasto in forno. Tutte queste azioni sono la somma di abilità umane, da quella del contadino a quella della massaia, indispensabili a generare gusto, sapore e profumo.
Il pane sciocco, fatto solo d’acqua e farina, amatissimo dai cuochi, è perfetto per accompagnare ogni alimento, e rappresenta il più diffuso tra i pani italiani.
Nella nostra cucina comincia facendosi fett’unta, per diventare crostino e sposare i salumi. Si eleva nella pappa al pomodoro o la ribollita, per sublimarsi nella panzanella o la panata.
Non dobbiamo dimenticarci anche delle numerose interpretazioni territoriali, diverse per forma, consistenza e sapore. Non c’è solo il generico pane toscano, ma anche quello di Rimbocchi, di Montagnano, di Altopascio, a pasta dura o morbida, schiacciato o alto, semplice o arricchito con frutta secca o erbe aromatiche.
P.S. Alle origini, il pane non era lievitato, quindi la quotidiana lotta familiare tra grandi e piccini, per conquistare la crosta più o meno croccante o la mollica più o meno soffice, non esisteva…


da taccuini storici


Il pane di Terni


Lo Stato Pontificio aveva applicato l’ennesima pesantissima tassa, questa volta sul sale. E i fornai di Terni, stanchi di essere dissanguati dai continui balzelli che venivano loro imposti, decisero che avrebbero preparato il pane senza utilizzare il “prezioso” ingrediente.



Ed è così che, da una sorta di rimedio contro l’avidità dei potenti di allora, vede la luce uno dei pani più conosciuti e apprezzati d’Italia. Un pane la cui caratteristica principale è proprio quella di essere privo di sale e quindi perfetto per esaltare i sapori dei cibi che accompagna, senza coprirli con la propria sapidità. Essenzialmente per questo motivo amatissimo, tra gli altri, da chi degusta professionalmente vino e quindi desidera mantenere le proprie papille gustative “isolate” da altri gusti. Ma i fans del Pane di Terni sono davvero numerosi come attestano i ca. 3.500.000 kg prodotti ogni anno e che vanno a nobilitare con la loro fragranza le tavole degli Italiani, con una particolare attenzione per le regioni del centro.



Ma è soprattutto la Capitale il mercato più importante per il Pane di Terni.



“Quello tra il nostro pane e i Romani - puntualizza Albano Agabiti, Presidente del Gal ternano - è un rapporto che dura da molti anni. Intere generazioni sono venute su mangiando il Pane di Terni ed è proprio per questo che la Flaminia, la strada consolare che congiunge Terni a Roma, potrebbe essere tranquillamente ribattezzata la Via del Pane”.

Anna Russo
Pubblicato in: Focus alimenti e bevande
[Modificato da kamo58 30/03/2012 08:47]
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13/01/2015 12:50
 
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