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La storia del baccalà e dello stoccafisso

Ultimo Aggiornamento: 12/11/2014 12:28
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11/06/2012 10:29
 
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Baccalà

Le popolazioni basche del Golfo di Biscaglia (Guascogna) erano cacciatori di balene ed inseguendole verso il nord-Atlantico fino ai Grand Banks, si trovarono intrappolati tra immense colonie di merluzzi, per catturare i quali bastava affondarci le mani dentro. Da quel giorno, i baschi organizzarono campagne stagionali di pesca, ma per conservarlo, lo mettevano sotto sale come facevano con la carne di balene, invece di esporlo all’aria che in Spagna è meno fredda che in Norvegia.
Fu per questo che i vichinghi persero il monopolio della pesca del merluzzo. Furono però gli americani a creare il business commerciale a livello planetario del baccalà. Nel 1620 i padri pellegrini, protestanti in fuga dall’Inghilterra, sbarcando su un promontorio del “Nuovo Mondo” Cap Cod (Capo Merluzzo) area di mare piena di pesci, compresero che era possibile organizzare un fiorente commercio, spedendo del baccalà americano verso l’Europa. Presto anche gli inglesi s’inserirono in questa lucrosa attività e ci fu persino una specie di guerra del baccalà fra le navi di Sua Maestà Britannica e i veloci schooner americani. Ancora nell’ottocento, la classe operaia inglese sopravviveva nutrendosi di fish and chips, (merluzzo e patate). Il mercato inglese assorbe oggi 170.000 tonnellate di baccalà l’anno ed è al primo posto nel mondo.

La storia ci tramanda, inoltre, che il merluzzo nella versione baccalà o staccafisso fu anche un piatto apprezzato da molti personaggi illustri. Si racconta che Carlo V (1530), mentre era in viaggio verso Bologna per essere incoronato imperatore da Papa Clemente VII, si era trovato a sostare a Sandrigo, quando venne a sapere che i condannati a morte chiedevano, come ultimo desiderio, una porzione di polenta e merluzzo; per la gran curiosità, il futuro imperatore volle assaggiare questo piatto e rimase talmente soddisfatto da nominare “cavaliere” tutti i presenti al banchetto.






Stoccafisso

Se si pensa che fin dai primordi, uno dei principali problemi dell'uomo di terra e di mare fu quello di conservare il cibo che faticosamente era riuscito a procurarsi, per il comandante veneziano dovette essere una scoperta sensazionale imparare da quella piccolissima comunità il più naturale sistema di conservazione: l'essiccamento al sole e al vento.
Nulla è cambiato dall’epoca in cui approdò la cocca veneziana nelle isole Lofoten e, ancor oggi, l'esposizione del merluzzo all’aria aperta mantiene tutte le sue caratteristiche originali: dura circa tre mesi, variando con le condizioni atmosferiche del vento e delle dimensioni del merluzzo. L'essicamento all'aria del merluzzo artico fu concepita per la necessità che i Vichinghi avevano di trasportare sulle loro veloci imbarcazioni, alimenti molto leggeri che potessero fornire il massimo delle energie per sfamare le ciurme addette ai remi (100 grammi di merluzzo fresco forniscono 68 calorie, mentre lo stesso peso essiccato ne fornisce 322). Leggerezza, facilità di trasporto e consumo senza la necessità di essere cucinato, contribuirono in maniera decisiva al successo dello stoccafisso nei secoli.
Nel Medioevo, il commercio del merluzzo ebbe una così grande importanza che il re di Norvegia per poterlo controllare completamente proibì alle navi della Lega Anseatica di salire a nord del parallelo di Tromsø. Dopo l’anno mille lo sviluppo dei trasporti delle merci via mare, fu enormemente favorito dalla possibilità di usare in cambusa lo stoccafisso che ben sostituiva la carne salata in barili, facilmente deteriorabile. All’epoca del Rinascimento lo stoccafisso in Italia cominciava ad essere abbastanza conosciuto, se non diffuso, mentre il baccalà era ancora una rarità.
Si ricorda che durante il Concilio di Trento (1545-1563), tra i piatti poveri consumati dai numerosi prelati, c'era quello di stoccafisso. Oltre ai principi etici e religiosi di carattere generale, il nuovo corso stabiliva, infatti, che in materia di feste e banchetti, il mangiar di magro fosse esteso in molte altre ricorrenze, oltre il venerdì.
L’obbligo di questa osservanza significò, nel mondo cattolico, soprattutto una cucina a base di pesce. Iniziò così nel nostro Paese una progressiva importazione di pesce nordico: aringhe (affumicate), stoccafisso (merluzzo essiccato), baccalà (merluzzo sotto sale) e salmone (affumicato). Il merluzzo, come la storia insegna, fu il più richiesto dagli italiani negli ultimi cinque secoli.
Sia il costo contenuto del prodotto che la sua facilità di conservazione, hanno contribuito, nel passato, al notevole consumo di stoccafisso e baccalà nelle classi meno abbienti. Nacquero così succulenti piatti come lo “stoccafisso al verde”, “all'agliata”, lesso con le patate o con le fave “stocche e bacilli” (piatto di reminescenze romane), "accomodato" (d'origine araba), in “buridda”, alla “badalucchese”, fritto e in frittelle, alla marinara e, non ultimo, il brandacujun, conosciuto anche in Provenza.
Oggi il mercato italiano si divide per motivi culturali e storici, in cinque principali regioni: Veneto, Liguria, Campania, Calabria e Sicilia. Nelle altre regioni italiane lo stoccafisso è meno conosciuto. Esiste tuttavia un'antica tradizione di consumo nella zona di Livorno e di Ancona.

fonte: taccuinistorici.it
[Modificato da kamo58 11/06/2012 10:29]
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