Glittery text maker
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Rapporti tra la chiesa cattolica e scienza moderna nel XVII secolo

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2015 08:11
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 5.163
Sesso: Femminile
23/07/2012 11:56
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota



Simbolo dell'inquisizione


L’inserimento di certi settori, quali astronomia e fisica sperimentale, in una casistica“magica” o “divinatoria” fu uno dei motivi più frequenti del coinvolgimento di opere e idee scientifiche nella prassi inquisitoriale e censoria. Gli interventi sulla scienza posero limiti alla libertà di pensiero e di ricerca. Il divieto degli scritti giudicati contrari all’etica cristiana e ritenuti osceni ne coinvolse alcuni di scienza riguardanti aspetti della realtà usualmente confinati in ambiti privati. Il principio di verità delle Scritture e dell’unicità della loro interpretazione fu la causa di numerosi interventi sui contenuti della scienza. La massima potenzialità censoria si espresse in rapporto alla cosmogonia della Genesi.

L’Inquisizione Romana, espressione di una Chiesa cattolica retriva e conservatrice di fronte alle conquiste della scienza, fu responsabile di due celebri processi, quello contro Giordano Bruno e quello contro Galileo Galilei.





Giordano Bruno

Nacque a Nola nel 1548, a diciassette anni entrò nell’ordine mendicante dei domenicani predicatori. Manifestò subito una personalità inquieta, dotata di viva intelligenza, ebbe inoltre difficoltà a conformarsi alle convenzioni dell’epoca ed alle rigide regole dell’ordine religioso,esternando un grande anticonformismo intellettuale. Ciò non gli impedì una rapida carriera,ordinato sacerdote nel 1572, divenne dottore in teologia nel 1575. Studiò San Tommaso d’Aquino ma anche il “proibito” Erasmo da Rotterdam, lettura che causò l’apertura di un processo a suo carico. Nel 1576 abbandonò l’abito ecclesiastico e si allontanò dall’Italia per sfuggire ai rigori dell’Inquisizione.
Attraversò l’Europa conquistandosi una fama crescente di grande mago, di iniziato ai misteri della tradizione ermetica ma ciò che in particolare lo contraddistingueva, era il possesso di una memoria prodigiosa. Intimo di re e principi, si muoveva ai più alti livelli in un’Europa straziata dalle guerre di religione. Bruno dedicò la sua vita allo studio ed alla ricerca della conoscenza, fu un uomo di vasta cultura e di grande memoria; lo si può considerare tra gli uomini più colti del suo tempo.

Nella teologia proclamò il panteismo. Nella cosmologia intuì l'infinità dello spazio. Nell'astronomia sostituì il sistema eliocentrico a quello geocentrico. Nella biologia affermò l'esistenza della vita in tutta la natura. Nella psicologia dimostrò il pampsichismo, cioè l'animismo universale. Nell'etica gettò le fondamenta di una morale positiva, areligiosa e indipendente, sostenendo che tutto l'universo è pervaso da una teleologia immanente, per cui si perfeziona e si migliora ogni cosa, la natura essendo causa, legge e finalità a se stessa.

Il suo comportamento anticonvenzionale aveva però, in varie occasioni, generato odio tra le persone che la pensavano diversamente. Era contro il geocentrismo tolemaico ed affermava l'infinità dell'universo, un universo privo di centro, privo di alto e basso; un universo che rappresentava il rovesciamento della tradizionale visione cristiana del mondo, legata al sistema aristotelico. I tempi non erano ancora maturi per accogliere le sue idee. Nel trattato De infinito, universo et mondi l'eresia verrà ravvisata nella mancata inclusione di Dio nell’universo. A Ginevra aderì al calvinismo per poi essere scomunicato, processato e costretto ad un’umiliante abiura. Si recò poi in Germania ed in Europa orientale dove pubblicò opere di filosofia, cosmologia, fisica, arte della memoria etecniche magiche. A Praga aderì al luteranesimo ma ricevette la terza scomunica dopo quella cattolica e calvinista. Nel 1591 accettò un insolito invito a Venezia dal nobile Mocenigo che desiderava imparare l’arte della memoria. Resta un mistero il perché decise di tornare in terra cattolica, in uno stato, come la Repubblica di Venezia, dove operava l’Inquisizione. C’è chi ha suggestivamente risposto che il fine ultimo di Bruno fosse di recarsi dal papa e di soggiogarlo con i poteri magici di cui si ritiene in possesso, spingendolo ad una riforma in senso magico-egiziano della religione cattolica. Bruno sapeva della ostilità delle chiese protestanti, e cattolica,di essere inviso ai puritani e indesiderato a livello europeo, perciò molto più probabilmente accettò la proposta, spinto dal desiderio di tornare nella sua terra d’origine, confidando nella gelosa autonomia della Serenissima. Dopo alcuni mesi, il Mocenigo, insoddisfatto dell’insegnamento di Bruno e spaventato al tempo stesso dalle violenze verbali e dai costumi del suo illustre ospite, il 23 maggio 1592 lo denunciò per eresia al tribunale dell’Inquisizione veneziana. Iniziò così uno dei più lunghi e complessi procedimenti della storia dell’Inquisizione. Su di esso si ha una documentazione decisamente abbondante, ancorché largamente incompleta quanto alla sua fase romana a causa del saccheggio degli archivi del Sant’Uffizio operato da Napoleone, e non per altro, data la puntuale redazione dei verbali degli interrogatori e dei processi, ritenuti dagli storici affidabili e veritieri. D’altra parte, gli inquisitori non ritenevano di avere nulla di vergognoso da nascondere, essi erano convinti di fare quanto necessario per riparare un’offesa a Dio e salvare un’anima dall’eterno castigo.




Il processo tuttavia sembrava concludersi con un’assoluzione, soprattutto dopo che nel corso dell’ultimo interrogatorio si gettò in ginocchio davanti agli inquisitori, implorando il loro perdono:

"Domando humilmente perdono al Signor Dio e alle Signorie Vostre illustrissime de tutti lierrori da me commessi (..)prometto di far riforma notabile della mia vita, ché ricompenserò loscandalo che ho dato con altretanta edificazione."

Tuttavia la Congregazione del Sant’Uffizio chiese di avocare la causa a Roma. Richiesta accolta con insolita facilità da una Venezia normalmente gelosa delle proprie prerogative. Bruno giunse a Roma il 27 febbraio 1593, e venne rinchiuso nel carcere del Sant’Uffizio. Contrariamente a quanto si è abituati a pensare, la cella in cui Bruno venne rinchiuso e dove rimarrà per sette anni era tutt’altro che una segreta buia e inaccessibile, ma era al contrario un luogo abbastanza vivibile, ampio e luminoso, situato al piano terra, dove la biancheria veniva cambiata due volte alla settimana e dove l’imputato poteva usufruire di vari servizi come il barbiere, i bagni, la lavanderia, la rammendatura. A ogni carcerato veniva inoltre fornita una scorta di vestiti e il vitto era di buona qualità includendo, fra l’altro, anche il vino. Nell’autunno del 1593 il processo subì una svolta fatale. Il frate cappuccino Celestino da Verona, suo compagno di carcere a Venezia, forse posseduto da segreta invidia, denunciò Bruno, lanciandogli contro un insieme di accuse gravissime, che in parte confermarono l’impianto accusatorio del Mocenigo, e in parte aggiunsero nuovi capi d’accusa a suo carico. Inoltre Celestino chiamò incausa come testimoni altri quattro compagni di carcere. All’inizio del 1595 i giudici, resi particolarmente prudenti forse dal fatto che solo il Mocenigo era un testimone irreprensibile e incensurato, ordinarono di recuperare il più ampio numero di testi pubblicati da Bruno per poter unire alle prove raccolte attraverso le testimonianze, quelle, irrefutabili, derivanti dai suoi testi. Per due anni il processo languì, essendo il tribunale probabilmente impegnato nella ricerca deilibri del nolano. Nel 1597 Bruno ricevette le censure dei libri dove emergevano con chiarezza alcune sue posizioni eretiche: alcune delle fondamentali tesi della metafisica bruniana ritenute inevidente contrasto con fondamentali aspetti della visione cristiana del mondo: ad esempio il principio per cui da una causa infinita debba derivare un infinito effetto, tesi eretica in quanto implicherebbe un Dio necessitato a produrre un dato effetto e non onnipotente; il moto della Terra. Probabilmente a ridosso di questo momento va collocato l’unico episodio di tortura al quale Bruno fu probabilmente sottoposto. Naturalmente va sottolineato che nei verbali gli inquisitori registravano come tortura anche semplicemente la minaccia di tortura.




Le procedure inquisitoriali prevedevano la tortura, che peraltro era assoggettata a limitazioni e poteva essere autorizzata solo da Roma, in due casi fondamentali: se l’imputato confessava le sue colpe, ma vi era ragione di temere che non avesse detto tutto quanto riguardava la vertenza o nel caso in cui si ostinasse a negare anche di fronte a prove inoppugnabili di colpevolezza. E’ evidente che il caso di Bruno era quest’ultimo. Il caso di Bruno fu del tutto anomalo ed eccezionale nel panorama dei processi inquisitoriali che si distinguevano in genere per la loro rapidità. Poiché il processo era fermo da troppo tempo, 7 anni, il cardinal Bellarmino, che pochi anni dopo sarà grande protagonista nel caso Galileo, propose l’abiura di diverse proposizioni di Bruno sicuramente eretiche. Avvenne in questa fase finale un prolungato gioco di ultimatum da parte dell’Inquisizione e di promesse di abiura, poi smentite da parte di Bruno. Le richieste di udienza con il papa non furono accolte. Con lo scadere dell’ennesimo ultimatum, il papa Clemente VII ordinò di condannarlo come eretico impenitente, ostinato e di consegnarlo alla giustizia secolare per l’esecuzione materiale,


"Ecclesia abhorret a sanguine"!

La sentenza di condanna venne letta l’8 febbraio in Piazza Navona alla presenza di tutta la Congregazione del Sant’Uffizio. Fu un momento altamente drammatico e carico di tensione, secondo una testimonianza, Bruno, che ha ascoltato la sentenza in ginocchio, al termine della lettura si alzò in piedi e con volto minaccioso gridò:

"Forse con maggiore timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto ne provi io nelriceverla!"


Le sue opere vennero bruciate sulla scalinata di Piazza San Pietro ed inserite nell’Indice dei libri proibiti. Bruno rimase sempre coerente con se stesso e fedele alle proprie ragioni, non accettò mai di rinnegare in blocco le sue idee solo perché incompatibili con l’ortodossia cristiana. All'alba di giovedì 17 febbraio 1600 lasciò la prigione di Tor di Nona e venne condotto in processione tra una folla vociante fino a piazza di Campo de' Fiori. Indossava un saio penitenziale, una mordacchia gli impediva di parlare, come diceva un avviso:

"Per le brutissime parole che diceva”.

Salì al rogo con grande coraggio e dignità, venne denudato, legato ad un palo e arso vivo. Una testimonianza racconta che nei suoi ultimi istanti di vita Bruno pronunciò le seguenti parole:

"Et diceva che se ne moriva martire e volentieri, et che se ne sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo in paradiso".

Sarà ricordato nei secoli come un martire del libero pensiero e dell'intolleranza religiosa.


fonte: scribd.com e edocsv.blogspot.it
[Modificato da kamo58 23/07/2012 12:13]
OFFLINE
Post: 5.163
Sesso: Femminile
23/07/2012 20:23
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Se volete ascoltare la storia di Giordano Bruno, su Radio Rai3 "La storia in giallo".


OFFLINE
Post: 5.163
Sesso: Femminile
06/08/2012 10:15
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota




Galileo Galilei, nacque il 15 febbraio 1564 a Pisa. La sua infanzia e la sua adolescenza si svolgono tra Firenze e Pisa. Suo padre, musicista originale ed abbastanza famoso, autore di un Dialogo sulla musica antica e moderna, si interessava alla rinascita delle forme musicali ereditate dal classicismo greco. Dopo aver cominciato nel 1581 gli studi di medicina all’università di Pisa, Galileo si dedica allo studio della matematica e della filosofia; nel 1585, lascia l’università, senza diploma.

La scienza alla fine dello XVI secolo
L’università che forma il giovane Galileo funziona su un modello in gran parte diffuso in Europa, che si basa su una divisione della conoscenza in due rami fondamentali: la matematica e la filosofia.

Astronomia e matematica

Poiché il sapere matematico nasce con l’astronomia, l’attività del matematico-astronomo non ha per scopo la spiegazione dei fenomeni celesti, bensì piuttosto la loro predizione. L’ambizione dell’astronomo si limita a ricercare le combinazioni (più o meno complicate) dei movimenti circolari che permettono di descrivere il movimento evidente delle stelle, così come lo si osserva dalla Terra. L’attività del matematico si basa sull’idea che, sotto il disordine evidente dei fenomeni, oltre al corso irregolare dei pianeti (etimologicamente, i pianeti sono “astri erranti”), esiste un ordine nascosto ben preciso, che può essere rappresentato per mezzo di movimenti circolari, da sempre immagine della perfezione.

Filosofia
L’insegnamento di questa disciplina è ugualmente dispensato nelle università europee. La “filosofia naturale” è la vera scienza del cielo, incaricata di spiegare i fenomeni. Fondata in gran parte sulla dottrina di Aristotele e, più precisamente, sulla sua teoria del movimento, questa disciplina si basa, molto schematicamente, sulla distinzione tra movimento “naturale” e movimento “violento”.

Il mondo secondo Aristotele

Qualsiasi corpo possiede un movimento “naturale” che gli è proprio, che esprime la sua tendenza a raggiungere il suo luogo “naturale”e che è interamente determinato dalla natura del corpo in questione. Una volta raggiunto il suo "luogo naturale", il corpo vi resta immobile. Così la Terra ha per luogo naturale - per via della sua natura stessa di corpo materiale - il centro dell’Universo; il suo movimento naturale è di andare verso questo centro, dove risiede, e niente e nessuno le può far cambiare sede. Il movimento naturale dei corpi celesti, supposti essere di una specie non materiale, è un movimento circolare intorno del centro dell’Universo. Occorre sottolineare l’importanza del ruolo svolto nella fisica aristotelica dal concetto di “luogo”: ogni oggetto occupa un luogo che gli è proprio; lo spazio aristotelico non è dunque in alcun modo omogeneo, poiché i suoi diversi punti non possono essere occupati indifferentemente da qualsiasi oggetto. Tutto ciò sarà profondamente modificato dalla nuova fisica, quella di Galileo.
Al movimento “naturale”, che non richiede alcun agente esterno, egli contrappone il movimento “violento”, contrario alla natura del corpo e che può dunque esistere soltanto per effetto di un agente motore. Un carro, ad esempio, che si muove lungo una strada possiede un movimento contrario alla sua natura d’oggetto materiale (che lo indurrebbe a raggiungere il centro dell’universo); questo movimento è dunque violento ed il cavallo ne è l’agente motore. Più precisamente, la velocità di un oggetto, animato da un movimento violento, è proporzionale alla “forza” spesa dal motore responsabile del movimento medesimo. Ciò che si è potuto chiamare il “principio fondamentale della dinamica aristotelica” si enuncia dunque così: una forza produce una velocità che gli è proporzionale; o ancora: la velocità di un corpo è in base alla “forza” che gli si imprime. Occorre notare che questo principio fondamentale, che sarà abbandonato dalla nuova fisica (dove è l’accelerazione e non la velocità di un corpo che è proporzionale alla forza che si esercita su di esso), è del tutto conforme al “senso comune”: con più forza il cavallo tira il carro, più va rapidamente; di più: il carro non si muove se non si esercita alcuna forza su di esso!

Critiche al sistema aristotelico

Non bisogna credere che la fisica di Aristotele fosse universalmente accettata. Numerosi sono coloro che, all’inizio del XVII secolo, mettono in causa l’insegnamento aristotelico dispensato dalle università, riprendendo per parte loro alcune obiezioni formulate nel corso dei secoli precedenti. Nel XIV secolo ad esempio, già gli aderenti alla cosiddetta scuola di Parigi contestano il buon fondamento di questa teoria del movimento, ed in particolare del movimento dei proiettili. Alla stessa epoca, Nicola Oresme si erge contro l’idea secondo la quale il movimento dei pianeti possa essere indotto dal loro movimento, evidente dalla Terra, supposta immobile: al contrario, secondo lui, le stelle sarebbero immobili, e la Terra in movimento.




Aristotele


La Chiesa, baluardo dell’aristotelismo
Per molto tempo queste critiche non trovano circolazione che in ambiti ristretti, tanto è grande l’autorità di Aristotele; tanto di più della Chiesa, principale potenza politica e culturale del mondo occidentale, la quale dopo avere combattuto la cosmologia aristotelica, l’ha finalmente fatta propria a partire dal XIII secolo. L’idea che la Terra sia al centro del mondo si accorda peraltro molto bene con il fatto che Dio abbia scelto proprio questo luogo per farsi uomo.
Mettere in dubbio l’immobilità della Terra significa dunque combattere la Chiesa ed il suo dogma. Soltanto all’inizio del XVII secolo la critica di Aristotele prende il suo vero avvio, in gran parte grazie alla stampa ed alla diffusione dei libri che battono in breccia il monopolio dell’università
come unica fonte di sapere. Nessuno osa formulare ipotesi nuove, ma è quella di Copernico che svolgerà un ruolo fondamentale nell’elaborazione della nuova fisica.


Il sistema copernicano

Nel 1543 esce l’opera di Nicola Copernico De revolutionibus orbium coelestium, nel quale espone la sua “ipotesi” eliocentrica. Copernico, allorché si applicò a spiegare il movimento dei pianeti, nel quadro della teoria aristotelica di una Terra immobile, sulla scorta di combinazioni di movimenti circolari, come voleva la tradizione, finì per scoraggiarsi dinanzi alle complicazioni matematiche incontrate. Si accorse allora che, ponendo il centro del mondo non puntando sulla Terra ma sul sole, gli era più facile riportare il movimento dei pianeti a combinazioni di movimenti semplici. Quest‘opera , inizialmente passata inosservata, in particolare agli occhi della Chiesa, sarà successivamente studiata e presa in seria considerazione da un certo numero di scienziati, come Giordano Bruno, Tycho Brahe e Johannes Kepler, che, sviluppando le idee di Copernico, stabiliranno la tradizione di ciò che sarà chiamato il “sistema copernicano”. Tuttavia, le argomentazioni che Copernico esibiva a sostegno del sistema eliocentrico si basavano non su uno studio matematico o sperimentale del movimento corpi - come sarà nel caso di Galileo -, ma su una concezione del mondo che si può qualificare come metafisica, fondata sulle idee di “fuoco centrale” o di “forza solare”.



Copernico


Il messaggero celeste (Sidereus Nuncius)
Qual è la posizione di Galileo nel dibattito suscitato dall’”ipotesi copernicana”? Nel 1585, di ritorno a Firenze, intraprende lavori scientifici (studio della bilancia idrostatica, fissazione di diversi teoremi sul centro di gravità dei solidi) e letterari (su Dante, il Tasso e l’Ariosto). Nel 1589, su segnalazione di alcuni matematici che hanno avuto occasione di ammirare le sue capacità, è nominato professore di matematica all’università di Padova, dove resterà diciotto anni, i più begli anni della sua vita intellettuale. Galileo, pur essendo al corrente del lavoro di Copernico - le sue lettere lo provano - dispensa tuttavia un insegnamento d’astronomia rigorosamente conforme ai programmi ufficiali. Poiché la Chiesa non ha ancora apertamente preso posizione contro l’ipotesi eliocentrica, questa riserva non si spiega che in uno solo modo: Galileo non è ancora persuaso di possedere la prova sufficiente circa il reale movimento della Terra. Tuttavia, le cose cambiano radicalmente a partire dalla pubblicazione, nel 1610, del suo lavoro Sidereus Nuncius (il messaggero celeste o il messaggero delle stelle), nel quale prende causa per i partigiani di Copernico, ciò che non cesserà ormai di fare.



Sistema solare eliocentrico


Una scoperta decisiva: il cannocchiale

Il cambio di opinione di Galileo è infatti da mettere in relazione con la sua capitale scoperta del cannocchiale astronomico. Secondo il resoconto che ne fa nel Sidereus, egli ebbe notizia nel 1609 dell’invenzione, nei Paesi Bassi, di un sistema ottico capace di fare apparire più prossimi gli oggetti distanti. Intuisce immediatamente l’importanza che può avere l’invenzione per i navigatori; avendo ottenuto alcune informazioni sul nuovo oggetto, intraprende la costruzione di un esemplare, che pensa di potere vendere molto caro agli armatori di Venezia. Così alla fine dell’anno 1609 presenta al Senato di quella città uno strumento che permette di distinguere delle navi, chiaramente ed in dettaglio, due ore prima che si possa individuare la loro presenza ad occhio nudo. La sua invenzione non è presa in considerazione, e Galileo è ridotto a fare del suo cannocchiale un impiego personale, ciò di cui non si priverà. Il 1° dicembre 1609, comincia una serie di osservazioni della luna. Vede allora, coi propri occhi, che «la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma che è accidentata ed uguale alla superficie della Terra, coperta di alti rilievi e di cavità profonde e anfratti » (Sidereus Nuncius). Quindi «il settimo giorno di gennaio, dell’anno 1610, ad una ora della notte, mentre esploravo il cielo, tramite il cannocchiale, Giove si presentò ai miei occhi: essendomi costruito uno strumento di alta precisione, io scorsi (e questo m’era successo prima a causa della della debolezza dell’altro cannocchiale) tre piccole stelle, in altre parole, i satelliti di Giove in moto di rivoluzione attorno al pianeta, come la Luna attorno alla Terra». Ecco la prova che la Terra non è il centro di tutti i movimenti celesti e che la sua natura non differisce da quella di Giove.





La fine del geocentrismo
Questo è il “messaggio” che inviano le stelle: non ci sono differenze di natura tra la Terra e i corpi celesti; questi non sono né più né meno perfetti della Terra. Le leggi della natura che valgono sulla Terra (nel mondo sublunare, come si diceva allora) valgono anche nei cieli: più nulla giustifica il geocentrismo, “privilegio” di cui usufruisce la Terra. Ciò che rivela il cannocchiale è dunque, da un lato, in contraddizione con la teoria della Terra immobile messa al centro dell’universo e, dall’altro, in conformità con l’ipotesi secondo la quale la Terra è soltanto un pianeta fra altri, che gira con essi come essi attorno al sole. Le due ipotesi, quella della fisica tradizionale (tolemaica) e quella di Copernico, non sono ormai più equivalenti: solo l’ipotesi eliocentrica è conforme all’osservazione. La convinzione di Galileo si basa dunque sull’evidenza sperimentale e non più, come quella dei difensori di Copernico, su ragioni metafisiche.



Galileo di fronte al Sant'Uffizio, dipinto di Joseph-Nicolas Robert-Fleury



Il confronto con la Chiesa

Se ventidue anni, da 1610 a 1632, separano la pubblicazione del Sidereus Nuncius da quella del Dialogo, ciò è dovuto a ragioni “politiche”, non scientifiche. Qualche tempo dopo il suo ritorno a Firenze, nel 1611, Galileo, desideroso di dare alle sue scoperte astronomiche un più grande risalto, si reca a Roma, dove è ricevuto paternamente dal papa e dal Collegio romano dei Gesuiti. Ma tali incoraggiamenti non fanno che attizzare l’odio degli avversari del “nuovo sistema” (copernicano), più numerosi di quanto Galileo stesso si attendesse. Incoraggiato dai diversi appoggi di cui gode, osa anche affermare che i racconti biblici («Fermati o sole» di Giosuè) non devono in alcun modo intervenire nei dibattiti relativi alla natura, che esige per la sua comprensione la conoscenza del linguaggio della matematica. È ciò che non può sopportare il partito dei devoti. A seguito di diversi intrighi di corte, Galileo è convocato a Roma dinanzi al sant'Uffizio il 24 febbraio 1616.
L’opera di Copernico è messa all’Indice e Galileo riceve l’ingiunzione di tacere. Ferito moralmente, si rifugia nello studio e nella redazione del Dialogo. Spera di potere uscire dal suo ritiro volontario nel 1623 quando è eletto papa il cardinale Maffeo Barberini, che fino a quel momento lo aveva sempre sostenuto. Ma, ragion di Stato intervenendo, il nuovo papa lo convoca per comunicargli che, a dispetto dell’ammirazione che gli porta, e tenuto conto del fatto che gli eretici riformati hanno per la maggior parte abbracciato le tesi di Copernico, la tolleranza della Chiesa ha dei limiti. Galileo negozia allora la possibilità di pubblicare il suo Dialogo, dove devono essere esposte in totale obiettività le due tesi contrapposte. Il lavoro esce nel 1632, ma si fa osservare al papa che
le sue raccomandazioni non sono state osservate: nel Dialogo, il miglior ruolo è assegnato a Salviati-Galileo, mentre Simplicio, l’aristotelico, è spesso volto in ridicolo. Il papa si vede indotto ad istruire un processo a Galileo. Tuttavia, grazie ai numerosi appoggi di cui egli dispone, sarà “soltanto” condannato a firmare un ritrattazione, quindi assegnato al soggiorno obbligato nella propria residenza di Arcetri, nei pressi di Firenze. È in questi frangenti che, nonostante una cecità crescente, redige i Discorsi intorno alle due scienze nuove, che riesce a fare pubblicare nei Paesi Bassi nel 1638.
Galileo muore il 9 gennaio 1642.


fonte: .lafrusta.net
[Modificato da kamo58 06/08/2012 10:16]
OFFLINE
Post: 5.163
Sesso: Femminile
06/08/2012 10:22
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota




L' ABIURA:





Io Galileo, fig.lo del q. Vinc.o Galileo di Fiorenza, dell'età mia d'anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Emin.mi e Rev.mi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l'eretica pravità generali Inquisitori; avendo davanti gl'occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l'aiuto di Dio crederò per l'avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la S.a Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma perché da questo S. Off.io, per aver io, dopo d'essermi stato con precetto dall'istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia il centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere né insegnare in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d'essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l'istessa dottrina già dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d'eresia, cioè d'aver tenuto e creduto che il sole sia centro del mondo e imobile e che la terra non sia centro e che si muova;
Pertanto volendo io levar dalla mente delle Eminenze V.re e d'ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, e eresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per l'avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simile sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d'eresia lo denonzierò a questo S. Offizio, o vero all'Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò.
Giuro anco e prometto d'adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo S. Off.o imposte; e contravenendo ad alcuna delle dette mie promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da' sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m'aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani,
Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633.
Io, Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria.


Tre secoli dopo, nel 1992, dopo dodici anni di dibattito, di studi approfonditi e la commissione di teologi, scienziati, storici voluta da Giovanni Paolo II e' arrivata alle conclusioni sulla figura di Galileo Galilei: riabilitato.
Il grande scienziato "fu un esempio per tutti, anche per la Chiesa; oggi sappiamo che aveva ragione sulla teoria astronomica di Copernico. I giudici dell' Inquisizione che lo condannarono commisero un errore, anche se in buona fede". Sara' lo stesso Pontefice, facendo proprie le argomentazioni di Paul Poupard, presidente della commissione, a sancire solennemente la grande riconciliazione tra Scienza e Fede.
[Modificato da kamo58 06/08/2012 10:25]
OFFLINE
Post: 5.163
Sesso: Femminile
12/01/2015 08:11
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

[SM=x2784452]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:51. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com