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Acqua storia del simbolo

Ultimo Aggiornamento: 28/09/2012 09:38
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Sesso: Femminile
28/09/2012 09:37
 
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Ippocrate (V sec. a.C.) scriveva che bevevano acqua gli animali e gli uomini selvaggi, mentre quelli civili si dissetavano con il vino, perché bere acqua faceva ammalare. Il medico greco aveva ragione, in quanto al suo tempo le acqua di fiumi e stagni vicino alle comunità erano spesso inquinate e potevano causare malattie.
L’aggiunta di vino o di aceto, dotati d’effetto antibatterico, portarono i Greci all’uso diffuso di bere miscele d’acqua e vino.
All’acqua in generale erano però dedicati anche molti culti, tributati alle divinità di mare presiedute da Poseidone/Nettuno, e alle Ninfe o Folletti di fonti, laghi e fiumi.
I Romani usavano bere vino e non acqua, pur attribuendo a quest’ultimo elemento il valore simbolico di lavare via il male e per il cui uso termale venivano costruiti i grandi acquedotti che convogliavano nelle città acque sorgive sicure.
Contro il malcostume di evitare l’acqua come bevanda Plinio lanciò una vera e propria invettiva ai suoi concittadini:
“come se la natura non ci avesse fornito l’acqua, la più salutare delle bevande, di cui si servono tutti gli animali, ma noi costringiamo persino le bestie da soma a bere il vino”.
Presso i Cristiani il consumo dell’acqua come bevanda rimase relegato in secondo piano, anche se sia nel rito del battesimo che nella Bibbia era presente per la sua valenza sacra e purificatrice.
Durante il Medioevo, le fonti spesso inquinate fecero aumentare il rischio di infezioni, spingendo coloro che bevevano acqua ad aggiungerci vino o aceto.
I medici della scuola umorale consideravano l’acqua priva di sostanze buone per l’uomo e alla Scuola Salernitana si raccomandava:
“è molto dannoso a chi mangia bere acqua, poiché lo stomaco si raffredda, e il cibo riesce indigesto”.
Ancora nel XIV sec. era opinione diffusa che il bere solo acqua, o meglio il non bere vino, riducesse le capacità amatorie. La testimonianza è scritta anche in una novella del Boccaccio, dove la giovane e avvenente Alibech, che aveva provato quanto fosse piacevole fare all’amore, pur tornando alla carica per sollecitare nuove prestazione dell’amante, l’eremita Rustico, non trovò soddisfazione perché costui viveva di radici d’erba e d’acqua.
Sempre in epoca medioevale veniva considerato bizzarro chi beveva esclusivamente acqua e canzonato con soprannomi che poi diventarono dei cognomi, come l’italiano Bevilaqua o l’inglese Drinkwater. Bere solo acqua era addirittura una pena imposta ai malfattori, o accettata quale esempio di rinuncia dai religiosi.
Dal ‘500 le cose cominciarono a cambiare, e l’acqua da bevanda sospetta iniziò ad acquistare dignità di rimedio salutare. L’Ariosto descrive che la cura delle malattie febbrili consisteva nel tenere il paziente a dieta di sola acqua.
Nel Seicento si raggiunsero eccessi incredibili, e un medico che somministrava litri e litri d’acqua, affogando così il paziente, divenne oggetto di satira letteraria. In quel tempo prese vita anche una disputa sul come doveva essere bevuta l’acqua: calda o fredda. Sulla questione l’Italia si spaccò, il Nord era per la calda, da Roma in giù per la fredda.
Nel 1688, un medico francese, volle capovolgere le convinzioni delle epoche precedenti che consideravano l’acqua sostanza letale per le capacità amatorie. Tra le diverse argomentazioni a favore del potere afrodisiaco dell’acqua lo studioso citava:
-Venere, dea dell’amore, era nata dall’acqua;
-i popoli che vivevano vicino al mare, ai laghi, ai fiumi erano più fertili degli altri;
-gli uomini che volevano aumentare la propria potenza sessuale si nutrivano di ostriche o crostacei elementi tutti generati nell’acqua.
Nella prima metà del Settecento ebbe inizio il boom del consumo delle acqua sorgive generate dalla roccia di montagna, le così dette “minerali”.
Sulla base di analisi chimiche specifiche queste bevande vennero considerate dai medici veri farmaci, con effetti estesi anche alla sfera sessuale. Alcune favorivano il ritorno di flussi mestruali, altre guarivano dalla sterilità femminile o maschile, diventando così nell’immaginario collettivo vere e proprie acqua miracolose, presso le quali fare dei pellegrinaggi alla ricerca della grazia.
In particolare le acque ferrugginose erano prescritte non solo come ricostituente in generale, ma anche quale rimedio specifico contro l’impotenza da esaurimento.



Nella comunità contadina si credeva che l’acqua corrente avesse la forza di trascinare con se qualunque forza positiva o negativa posseduta dalle cose che entravano nella su zona d’influenza.
L’acqua delle abluzioni magiche volte a portar via fatture, influssi malefici, malattie, veniva gettata nella corrente che annientava la sua influenza.
L'uovo gallato, destinato alla cova, non doveva attraversare corsi d’acqua, torrenti o fiumi, soprattutto se in piena, pena la perdita della fecondità: per annientare questo influsso era messo nel paniere che lo conteneva un ferro, meglio se di cavallo.
Anche la donna incinta che attraversava un fiume aveva addosso un ferro, se voleva portare a termine bene la gravidanza.
Nella civiltà contadina era uso tenere a capo del letto un’acquasantiera, con acqua benedetta, presa in chiesa il Sabato santo, sulla quale veniva posto il ramoscello d’olivo ricevuto alla messa la Domenica delle palme.
Le tre cose avevano oltre al valore religioso, una componente magica: servivano a benedire la tempesta, la grandine, a tenere lontano gli spiriti impuri, ad aiutare i malati e le bestie che avevano attacchi o comportamenti strani.

fonte: taccuini storici.it
[Modificato da kamo58 28/09/2012 09:38]
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