Elogio del mattarello

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kamo58
00mercoledì 1 giugno 2011 09:16
Testo di Giancarlo Roversi direttore Mensa Magazine



Lo sanno tutti: una delle tappe fondamentali nel lungo e sofferto cammino della civiltà è stata la scoperta della ruota. Una scoperta che ha abbreviato le distanze, ha reso facili gli scambi e i rapporti fra popolazioni diverse, ha consentito l’antropizzazione di territori sperduti e ha innescato, come in una reazione a catena, l’invenzione di tanti altri preziosi utensili. Fra questi va posto certamente il semplice, modesto, ma inestimabile matterello.
Figlio primogenito della ruota e della felice intuizione del movimento rotatorio scoccata nella testa dell’uomo, questo straordinario attrezzo di cucina ha contribuito in modo determinante all’evoluzione della cultura del mangiare. Dalla sua azione indefessa sono scaturite meravigliose creazioni culinarie: tagliatelle e fettuccine, tortellini, lasagne, agnolotti, cannelloni, ravioli, quadrucci, “stricchetti”, ecc. Insomma, la sua apparizione sulla scena della storia ha fatto fare alla vita umana un salto di qualità incontestabile.
L’utilizzazione del matterello ha radici profonde nel tempo. Noto già alle popolazioni più remote e agli antichi greci, trovò largo impiego anche presso i romani col nome di fistula. Abilmente maneggiato da cuochi e cuciniere casalinghe con esso veniva forgiata una bella sfoglia (tractum o anche tracta), usata per avvolgere polli o altre carni cucinate al forno, per racchiudere succose farce o per farne pasta.
In epoca medievale il matterello (termine derivato da mattero, cioè randello, documentato già nel sec. XIII) continuò a prestare il suo onorato servizio nelle cucine di sovrani, principi, vassalli e signorotti e in quelle di vescovi e conventi, soprattutto di monache. Ecco come il ben noto Libro di cucina del sec. XIV, il codice conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna, insegna a fare le lasagne, servendosi del nostro protagonista, il matterello:

“Togli farina bona, bianca, distempera con acqua tiepida e fa che sia spessa. Poi la stendi sottilmente (col matterello ovviamente) e lassa sciugare. Debbonsi cuocere nel brodo di cappone o d’altra carne grassa. Poi mettile ne piattello col cascio grasso grattato, a suolo a suolo, come ti piace”.

Col Rinascimento, a poco a poco, il matterello inizia la sua lenta apoteosi fino a diventare, almeno nella fascia di terra tra il Po e l’Appennino il re incontrastato della cucina. Parlare di ricette e di altre specialità gastronomiche ottenute grazie all’instancabile andirivieni sul tagliere del simpatico pezzo di legno tornito significa ripercorrere la storia. Penso sia importante concludere con un auspicio: pur nella nostra era tecnologica auguriamoci che la tradizione della sfoglia fatta a mano a suon di matterello non tramonti mai, sia per il bene del nostro palato sia perchè in caso contrario perderemmo un pezzo della nostra cultura.

taccuini storici.it
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