I grandi dell'arte in cucina

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kamo58
00giovedì 2 dicembre 2010 08:01
Tutti conosciamo questi grandi nomi della storia dell'arte, ma pochi sanno come mangiavano o i loro legami con la cucina.




Leonardo da Vinci

Da giovane, poco più che ventenne, sarebbe stato assunto come cameriere nella 'Taverna delle tre Lumache', in prossimità del Ponte Vecchio. Successivamente promosso capo cuoco, inventò alcuni marchingegni per pelare, triturare e affettare i vari ingredienti, studiando anche il modo di mandar via i cattivi odori e costruendo un apparecchio per automatizzare l'arrosto. Purtroppo le sue innovative pietanze, disposte in piccole quantità nei piatti con gusto artistico, non ebbero successo, costringelo all'abbandono dell'attività culinaria. In pratica alla vecchia consuetudine delle mangiate medievali, Leonardo voleva sostituire un vitto più fine, in armonia con lo spirito rinascimentale.
Come al solito aveva precorso i tempi. Un genio in tutti i campi.


Caravaggio
Lombardo di nascita, ventenne approdò a Roma, dove grazie allo zio prete fu ospitato presso un monsignore di curia. Qui passandosela male, per mangiare doveva arrangiarsi con un'insalata che faceva «da antipasto, pasto e pospasto». Il secondo benefattore fu un oste di piazza Navona, per il quale l’artista dipingeva ricambiato del cibo. Ecco comparire sulle tele il Ragazzo che monda la pera, o il Ragazzo con il cesto di frutta, immagini colte certamente nel retro dell'osteria.
Caravaggio, famoso per il suo brutto carattere, era anche permaloso e litigioso, eccovi i particolari di uno dei suoi scontri, quello con un garzone dell'Osteria romana del Moro.
“Caravaggio entra nell'Osteria. Come al solito porta uno spadone ed ha l'aria spavalda. Si siede e ordina un piatto di carciofi.
Il garzone porta al pittore i carciofi: alcuni sono cotti all'olio, altri invece al burro. Ma quali sono gli uni, e quali gli altri?
Caravaggio chiede chiarimenti ma il garzone come risposta suggerisce al pittore:"Basta odorare per riconoscere quali sono al burro e quali sono all'olio!" Apriti cielo! L'artista, irritato per il "suggerimento", tira piatto e carciofi in faccia al garzone; poi, non contento di aver ferito il poveretto, lo insegue con la spada sguainata per tutta l'osteria”.

Michelangelo

Parliamo adesso della cucina quotidiana del tempo di Michelangelo.
In questa mancava fondamentalmente: l’uso della pasta perché cosa preziosa, del pomodoro e della patata perché appena scoperti in America.
Era difficile combinare un pasto variegato, perciò vi abbondavano: pane integrale, formaggio ed una brodaglia di erbe e legumi.
Ma Michelangelo, cosa mangiava?
Benché, grazie ai suoi lauti compensi avesse parecchi quattrini, era rigoroso (taccagno?), usando mangiare semplice.

Menù del Buonarroti

-Colazione de lo mattino-
Pani dua
un boccal de vino
una aringa

-A lo mezzogiorno-
tortelli
una salata
quattro pani
un boccal di tondo
un quartuccio di bruscino (raviggiolo)

Tiziano
qual’era il rapporto di Tiziano con tavole non dipinte ma imbandite? In questo ci possono aiutare alcuni scritti del suo amico Pietro Aretino , che assiduamente ebbe modo di averlo ospite alla sua mensa. Fra i cibi che Tiziano portava in dono per la cena, vengono segnalati sopratutto i fagiani regalatigli dai parenti cadorini; tra vino e ciàcole, si facevano le ore piccole e alla tavola sempre affollata di uomini e donne dei più diversi ceti sociali e gusti sessuali, si parlava d'arte, dei prezzi del mercato, delle belle modelle.
Tiziano, montanaro timido, le guardava come fossero dipinte sulla tela, a differenza di Pietro che, ingordo in tutti i sensi, guardava le donne dipinte sulla tela come fossero vere.

Botticelli
Abbiamo rintracciato a Firenze una storiella che risale a quando Botticelli andava alla bottega del Verrocchio. Lì Sandro, conobbe Leonardo da Vinci (futuro amico del cuore), col quale avrebbe aperto un'osteria chiamata “All'insegna delle tre ranocchie”. Qui la clientela sceglieva il menù o leggendo le pietanze, scritte dal mancino Leonardo da destra a sinistra, o indicando le immagini disegnate dal Botticelli.
Ricco l’elenco delle portate: dal capretto bollito al rognone di agnello, dai cetrioli, carciofi e carote alle ranocchie fritte (specialità della casa). Malgrado l'inventiva culinario-artistica, ritenuta forse per quei tempi troppo rivoluzionaria, l'osteria di Sando e Leonardo chiuse i battenti e i due tornarono dal Verrocchio.

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