Il Rinascimento a tavola

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kamo58
00martedì 21 giugno 2011 19:53
direttamente dal forum di Fata postato da Sinaida
Questo argomento, sul forum "Alla Fiera dell'Est" era così bello e ricco di notizie che ho voluto replicarlo sul nostro forum, per gentile concessione delle Lady Fata e Sinaida.




Paolo Veronese, Nozze di Cana, 1562-63, Parigi, Musée du Louvre


Nella cucina rinascimentale c’erano gli addetti alla preparazione dei cibi in cucina e coloro che servivano a tavola, che alla corte estense erano chiamati “ufficiali di bocca”, come ricorda Guido Guerzoni ne Le Corti Estensi e la Devoluzione di Ferrara del 1598.




Tra gli addetti alla cucina si annoverano:

lo spenditore che riceve l’ordine sugli acquisti per il pranzo dallo scalco;

il dispensiere che riceve l’ordine dallo spenditore e provvede al rifornimento della dispensa e impartisce le istruzioni al cuoco.

il credenziere (a volte è lo stesso dispensiere) è addetto alla credenza e alla preparazione della pasticceria.

La credenza è il mobile ove venivano disposte le stoviglie e i cibi prima di essere portati in tavola. In età moderna, nelle case patrizie è invalso l’uso di lasciare la credenza a vista dei commensali, in modo che potessero ammirare i preziosi corredi da tavola del signore esposti nel mobile.
L’altro obiettivo era assicurare l’ospite che i cibi tratti dal mobile erano inoffensivi.
Da quest’usanza nasce la locuzione far la credenza.
Per gli accademici della Crusca il detto deriva da “l’assaggiare, che fanno gli scalchi la vivanda, avanti che la dieno al loro Signore”.




Girarrosto in cucina, tavola da Vincenzo Cervio, Il trinciante, Venezia 1581


Il cuoco segreto era il cuoco personale del signore; lavorava nella cucina segreta, così detta perché vi si preparano esclusivamente i cibi per la mensa del signore. Il luogo era tenuto riservato anche per timore che i cibi potessero essere avvelenati.




Servente, aiutante in cucina, è spesso una donna, unico ruolo della cucina consentito all’universo femminile.

È compito,invece, dello scalco predisporre quotidianamente i menu per i pranzi; ricordare e assecondare il gusto dei convitati; tenere in considerazione le caratteristiche stagionali dei prodotti al momento dell’approvvigionamento, oltre a saper scegliere gli argenti, i cristalli e le porcellane da utilizzare per il servizio; deve saper programmare i vari spettacoli di intrattenimento che accompagnano e allietano i presenti durante il lungo banchetto.




Il trinciante è abilissimo nell’intagliare, dividere e porzionare carni, pesci, uova e frutta; porge il boccone ai commensali. Ogni trinciante serve un ristretto numero di commensali. Antonio Latini, che sul finire del Seicento scrive Lo Scalco alla moderna, ovvero l’arte di ben disporre i conviti, stima “che un buon Trinciante, non possa trinciar bene, se non per sei Persone; ho veduto però in questa Città di Napoli, che molte volte un Trinciante, ha trinciato per diciotto Persone, e per conseguenza non riceverà quella lode, che se gli converrebbe, essendo cosa indubitata, che non potranno tutti, in sì gran numero, essere serviti, con eguale puntualità, né il Trinciante potrà adempiere il suo Ufficio, con la dovuta diligenza”.




Il bottigliere è addetto alla cantina. Mesce il vino e l’acqua ed è alle dipendenze del coppiere.





kamo58
00martedì 21 giugno 2011 19:54


Il coppiere è addetto alla scelta del vino e al suo accopiamento con le portate, ordina la mescita del vino e dell’acqua, li assaggia, dà ordine ai valletti di portare le coppe di vino o d’acqua ai commensali, porge l’acqua profumata ai convitati, prima del pranzo, in bacini detti “acquamanili” e caraffe d’argento.


Il paggio o scudiero porta in tavola le portate su grandi vassoi, che normalmente arrivano da cucina racchiusi in contenitori detti “conserve”.




Il valletto porge le coppe di vino o d’acqua ai commensali.




Secondo la tradizione lo stesso Paolo Veronese si è ritratto nel quartetto d’archi, con la viola da gamba, mentre Tiziano suona il violone, Tintoretto il violino e Jacopo Bassano il cornetto.




Ballerini, musici, figuranti e recitanti allietano i commensali con piccoli spettacoli fra un servizio e l’altro, consentendo ai servi di togliere la tovaglia, cambiare i piatti e agli invitati di lavarsi le mani con acqua di rose.


FONTE:Palazzo Vecchio - Museo dei Ragazzi

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kamo58
00martedì 21 giugno 2011 19:55


Il cuoco doveva realizzare al meglio le ricette che gli venivano ordinate, conformandosi ai gusti del padrone o dei suoi ospiti illustri, ed alla regola che privilegiava tutto ciò che era raro e costoso, in nome del fasto e del lusso che contraddistinguevano la tavola di un uomo superiore. Per gli allestimenti dei banchetti ci si avvaleva della collaborazione di artisti e artigiani tra i più noti dell'epoca, che trasformavano il pasto in una vera e propria messinscena teatrale.
Anche in questo periodo la gastronomia fu soggetta alle stesse prescrizioni religiose del Medioevo, e perciò obbligata all'alternanza dei giorni di grasso e di magro. Lo sviluppo di una cucina "magra", ricca ed elaborata, divenne perciò una sezione importantissima dell’arte culinaria del cinquecento.
Del passato restò l'abbondante uso delle spezie, anche se sensibilmente attenuato, ma leggendo i testi di cucina dell’epoca si può dire che il gusto dominante fosse quello dolce. Infatti, lo zucchero, ingrediente di distinzione sociale per la corte, opportunamente elaborato portò all’invenzione della “moderna” pasticceria e della confetteria: l’arte delle marmellate e dei dolciumi d’ogni tipo.
Se uno dei tratti sorprendenti della cucina medioevale era l’uso assai parco di latte e latticini, fu con il Rinascimento che il burro divenne finalmente una materia grassa d’importanza pari allo struzzo, e formaggi d’ogni tipo assieme alla “pelle del latte”, ossia la panna fino ad allora ignorata, entrarono fra gli ingredienti delle ricette.
Dell’epoca precedente rimasero come eredità gli arrosti, le paste ripiene, le torte, i pasticci in crosta, e gli animali "come vivi" (ricomposti e rivestiti del loro piumaggio) decorati con oro o ricoperti di colori.
Un altro elemento proveniente dal passato, fu l'uso delle salse leggere, a base di frutta o di piante aromatiche, con leganti o addensanti come mollica o pane abbrustolito, farine varie, mandorle o uova.
Nella gastronomia rinascimentale italiana vi fu una grande scelta d’umidi e guazzetti, oltre ad una fioritura straordinaria di paste tirate e farcite, da superare di gran lunga la produzione straniera, che all'opposto non valorizzava la pasta nella propria cucina.
Gli agrumi rimasero elemento aromatizzante basilare, e la frutta acquistò una posizione preminente fra le pietanze servite in apertura del pasto. Verdure, legumi e insalate, godettero di una certa attenzione, acquistando un proprio ruolo, grazie soprattutto al massiccio ricorso agli aromi locali.
In quest'epoca si andò notevolmente rafforzando l'uso della carne macellata, specialmente del manzo e del vitello, e nacque una vera e propria passione per le frattaglie e le interiora degli animali.

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