Il gelato

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kamo58
00lunedì 9 maggio 2011 15:46
Nel centro storico di Salerno esiste una stradina antichissima che si chiama “Vicolo della Neve”, non perché vi nevicasse particolarmente, ma perché vi si trovavano grandi cantine dove, fin dal Medioevo, veniva ammassata la neve raccolta d’inverno sulle montagne circostanti, che serviva per confezionare sorbetti destinati ai ricchi e ai potenti dei dintorni. La particolare attività cui il vicolo deve il nome, riassume le caratteristiche tecniche della gelateria dall’antichità fino al Rinascimento.
Già i Greci dell’età alessandrina e poi i Romani, facevano una specie di macedonia di frutta tritata con miele e neve, ma pare che l’invenzione di refrigerare miscele dolci o profumate usando neve e ghiaccio risalga ai Cinesi, dai quali gli Arabi avrebbero appreso la tecnica diffondendola in Occidente. Un tipo di gelato, il sorbetto, deriva il nome dalla radice araba “sharba” (bevanda fresca), e nel grande trattato di cucina di Wusla H.al Habib (XI sec. ca.) esiste una parte dedicata ai gelati.
La diffusione europea di questo alimento pare sia cominciata alla corte di Francia, dove Caterina de Medici portò cuochi e pasticceri fiorentini, i quali confezionarono gelati all’acqua, cioè senza latte e uova, ma seconda nuove tecniche. L’invenzione del gelato "moderno" (refrigerato con accorgimenti come la salatura del ghiaccio o l'uso di miscele d'acqua e salnitro, per raggiungere temperature abbastanza basse da permettere la mantecatura), è attribuita all’architetto fiorentino Bernardo Buontalenti, ma le incertezze sono molte. Il gelato che oggi si conosce, arricchito di panna, crema, uova, venne inventato nel 1650 da un pasticcere di re Carlo I d’Inghilterra. La formula fu tenuta segreta per qualche anno, ma ormai in tutta Europa si stava preparando una specie di boom del gelato. Il via venne dato da un siciliano, Procopio dei Coltelli, il quale fondò a Parigi nel 1686 il Cafè Procope, divenuto poi celebre per i raduni degli illuministi. Gli imitatori non mancarono e ben presto in tutta Europa gelatieri siciliani e napoletani fecero fortuna.
Le tecniche sempre migliori di refrigerazione e quindi l’abbassamento dei costi, diedero tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento, un ulteriore impulso alla diffusione popolare del gelato, e il carrettino del “gelataio ambulante” divenne un personaggio caratteristico del paesaggio urbano.

I tipici carrettini del gelato hanno iniziato a circolare per le vie d’Europa, fra l’ottecento e il novecento, grazie a dei bellunesi. Il Cadore e la val di Zoldo, nella seconda metà dell’Ottocento, avevano subito una crisi senza precedenti. L’economia locale si era polverizzata e gli abitanti delle valli erano stati costretti a reinventarsi un mestiere. Così in inverno piccoli drappelli di ex minatori, lavoranti del legno e del ferro, si dirigevano verso le città del Nord europa, fra le quali Vienna, trasformandosi in venditori ambulanti di caldarroste, e pere o mele caramellate. Col tempo questi veneti intuirono che per lavorare anche durante la stagione calda avrebbero potuta vendere i gelati. Questa golosità italiana era già celebre, e benché la legislazione austriaca fosse molto restrittiva nel rilascio delle “patenti di mestiere”, sembra che due dei primi “ambulanti” a produrre e vendere gelati a Vienna, tra il 1864 e il 1870, siano stati Antonio Tomea e Julius Mattiuzzi di Zoppè di Cadore. In tempi successive molti altri cadorini e zoldani seguirono l’esempio dei pionieri, diventando così gli ambasciatori a carrettino del gelato italiano.

ll prototipo del gelato industriale pare sia nato a Baltimora a fine '800, quando un grossista di alimenti ebbe l'idea di trasformare in "ice cream" (crema ghiacciata) le sue grosse eccedenze giornaliere di latte. Negli anni successivi l'America si votò con entusiasmo al gelato, servito in coppe, piattini od ammucchiato su cialde. Il cono nacque solo nel 1904, alla Fiera Mondiale di St.Luois, per iniziativa di un pasticciere, che finiti i contenitori ebbe l'idea di offrire il gelato utilizzando cialde arrotolate, chiamate poi le "cornucopie della Fiera Mondiale".

taccuini storici
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