LAVORO - Articolo 14: Integrare nel lavoro i disabili

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vanni-merlin
00sabato 11 marzo 2006 00:55
LAVORO - Articolo 14: Integrare nel lavoro i disabili.


Guglielmo Epifani all’apertura del 15mo congresso nazionale della Cgil rimarca la necessità di rimuovere l’articolo 14 del decreto di attuazione della legge Biagi



“Vanno rimosse le norme, e in particolare l’articolo 14 del decreto legislativo 276 del 2003 (attuativo della legge 30/03 meglio nota come legge Biagi, ndr).
L’integrazione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità è un segno distintivo della qualità della vita sociale, civile e della cultura di un paese.
Integrare nel lavoro i disabili con forme di precarietà nel rapporto di lavoro è una scelta che ci porta fuori dalla ragione e fuori dal rispetto che si deve alle persone”.

Lo ha detto oggi il segretario generale Guglielmo Epifani a Rimini nella giornata di apertura del 15mo congresso nazionale della Cgil dal titolo “Riprogettare il paese: lavoro, saperi, diritti, libertà", nel centenario della fondazione del sindacato.
Epifani ha parlato di ''welfare inclusivo'' delineando “il segno e il senso del nostro progetto per il Paese”.
Più in generale, è stato centrale nel discorso di Epifani il tema della lotta alla precarietà che attraversa il mondo del lavoro, quello degli anziani e della società italiana.
“Riprogettare il paese vuol dire ripartire dalla centralità del lavoro e della sua qualità, determinare le condizioni per una via alta allo sviluppo, fondata sull’innovazione, la ricerca, la conoscenza, il trasferimento tecnologico”.

E cita i dati: “Il governo ha tentato in tutti i modi di presentare un’immagine del paese dove l’occupazione cresceva ed il tasso di disoccupazione diminuiva. (…)
La popolazione residente in Italia è passata negli ultimi 5 anni da 56 a 58 milioni di abitanti. Gli occupati nello stesso periodo sono passati da 21.380.000 a 22.540.000.
Questo è dovuto alla regolarizzazione del lavoro degli immigrati, già presenti e già al lavoro, ma privi di identità pubblica e di rilievo statistico”.

Epifani ha parlato quindi di un sistema di welfare “impoverito e dequalificato” che “non ha contrastato precarietà ed insicurezza” né ha rappresentato una “leva di sviluppo”.
Un sistema che non tenuto conto di alcune fragilità: infanzia, anziani, popolazione del Mezzogiorno.
A questo la Cgil contrappone la visione di un welfare inclusivo, improntato ad una idea di stato laico che sappia rispettare la libertà di ognuno e valorizzare le differenze.

A proposito delle persone immigrate, “è miope non riconoscere il diritto di cittadinanza, dalla nascita, ai figli di lavoratori immigrati che nascono in Italia, sapendo che se le prime generazione – come è avvenuto anche per noi nel mondo – tendono a tornare nei luoghi di origine, le seconde e ancor più le altre finiscono per restare là dove sono nate e da subito sarebbe giusto considerale uguali nei diritti e nei doveri.
Nelle settima scorse – prosegue il segretario confederale – un segretario del Senegal intervenendo al proprio convegno ha detto in modo pacato e assai fermo che non ne poteva più di sentirsi ‘un male necessario’: chiedeva soltanto di essere considerato un uomo”.





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Data articolo: 06/03/2006
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