La storia del caffè

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(Fata.)
00giovedì 5 gennaio 2012 18:37


La storia del caffè come quella di ogni prodotto di eccellenza diventato simbolo di una società, è ricca di leggende, storie, derive e approdi. È la storia di un chicco, che nasconde milioni di venature, ed ognuna traccia una rotta nella mappa del passato.
La storia del caffè è l'epopea di innumerevoli popoli, dei loro costumi e delle loro religioni.
È la storia di tutti gli uomini. È una storia che abbiamo scoperto proprio da sottoterra, là da dove prende vita.
La scoperta parte con gli scavi archeologici sugli altopiani etiopici, su quel suolo arido che forma calli e polmoni dei corridori olimpionici del Corno d'Africa.
Centomila anni prima, su quelle stesse terre, il popolo etiope usava masticare i semi crudi di quella pianta autoctona che Linneo, padre della biologia moderna e autore del Systema Naturae e di Fundamenta Botanica, classificò appartenente alla famiglia delle rubiacee.
Non sottoterra ma sotto la polvere, invece, i libri che ci illustrano i costumi e le abitudini dei popoli antichi, e che contengono le tracce storiografiche e leggendarie del chicco di caffè.
Proprio come il Costume dell'impero ottomano, scritto dall'abate Carlo Magnetti nel 1832 e custodito nella biblioteca dell'Università del Wisconsin. Nel libro si cita lo studio dello storico Ahmed-Efendy, che riporta alla luce la storia di un dervisch di Mocca d'Arabia che fu cacciato dall'ordine degli Scazyli e costretto all'esilio sul monte Kiouhh-Ewsab. Tormentato dalla fame e dalla sete, si mise a bollire i grani di un arbusto autoctono, custoditi dentro una sottile corteccia, riuscendo così a sopravvivere 4 giorni solo di quel decotto. Due suoi amici ammalati di rogna andarono a trovarlo. Stettero con lui più di otto giorni, anche loro consumando la bevanda trovandola odorosa e grata, e guarirono dalla loro malattia. La guarigione fu imputata all'assunzione dell'infuso e sparsasi la novella, si andò in cerca di grani conosciuti sotto il nome di cahhwé, furono provati, e oh le grandi maraviglie che se ne dissero e se ne fecero. Per l'incredibile scoperta, il dervisch, chiamato da lì in poi Scheykh-Omar, fu celebrato dal principe di Mocca, che costruì per lui un'abitazione ai piedi del monte.

Un'altra leggenda è quella del pastore Kaldi, le cui capre, avendo brucato alcune bacche di caffè non riuscirono a prendere sonno per alcuni giorni. L'abate Yahia, dopo avere sentito la storia del pastore, con un gesto di stizza verso un racconto così bizzarro gettò nel fuoco le bacche che Kaldi gli aveva portato. Furono così involontariamente tostate, e, incuriosito dall'aroma, provate in un infuso che si rivelò gradevole ed energetico. L'infuso servì in seguito a tenere i monaci svegli la notte per pregare.

Una leggenda ancora più mistica riguarda il profeta dell'islam Maometto, che fu guarito grazie ad una bevanda densa e scura, inviatagli direttamente da Allah per mezzo dell'Arcangelo Gabriele.

Arabia, Etiopia, Yemen. È da queste terre che è partita la leggenda del caffè, dai profumi e dai misteri delle terre d'oriente, dalle storie dei nobili e dei pastori

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Caffè letterario
Voltaire (1694 – 1778)



Wikipedia.org
Immaginatevi seduti in un caffè, con al centro del vostro tavolo una bella tazzina fumante che accompagna le conversazioni con i vostri amici. Magari mentre parlate di argomenti come la tolleranza, il significato di coscienza tecnologica, di spirito del tempo. Oppure mentre discutete di letteratura, di rivoluzioni o di moralità. Proprio come in un caffè letterario, stretto parente dell'antesignano caffè filosofico francese, dentro il quale ammalianti conversatori, tra cui Diderot, Montesquieu, Rousseau e Voltaire avevano l'abitudine di sedersi per dissertare di filosofia e cultura.

Il primo fu probabilmente il Le Procope di Parigi, tirato su nel 1672 per mano del siciliano Francesco Procopio de' Coltelli, giá divulgatore del sorbetto in terra di Francia e conquistatore dei palati della corte del Re Sole. I suoi clienti non erano soltanto i già citati illustri filosofi ma anche gli attori e le attrici della Commedie Francaise, e ancora Balzac, Victor Hugo, D'Alembert, scienziati e ingegneri di ogni tipo tra cui anche il Dottor Guillotin, inventore della ghigliottina. Da là in poi i caffè letterari videro una rapida diffusione in tutta Europa, divenendo il fulcro culturale delle città, diventando luoghi di idee e di rivoluzioni. In Italia Firenze, sin dai primi del '700, fu una delle maggiori città a coltivare una forte tradizione di questi luoghi, tra cui il Michelangiolo, il Gambrinus, le Giubbe Rosse, Paszkowski, Gilli, e il Caffè San Marco. Quante tazze di caffè sono state servite al centro dei tavoli di questi storici locali, in bilico tra una tesi e una confutazione, un manifesto e una cospirazione.

Curiosità

Sapevate che il caffè in Turchia fu sostituto del vino per un lunfgo periodo perché, oltre ad un consumo continuo durante tutta la giornata, veniva considerato una bevanda che aiutava la conversazione e a stare insieme? Per questo motivo il caffè fu chiamato "Vino dell'Islam".
Sapevate che il caffè fu consumato in grandi dosi durante la rivoluzione francese? Questo perchè aiutava ad essere svegli durante gli eventi ed i lunghi dibattiti di quei giorni che cambiarono la storia del mondo. Non a caso i luoghi dove ci si riuniva per parlare di politica prendessero il nome di Cafè.
E che in Svezia, il re condannò due criminali a morte tramite il caffè, convinto che fosse una bevanda mortale. I due, naturalmente, scamparono all'esecuzione e scoppiarono di salute. In Italia, invece c'è un fatto curioso che riguarda Clemente VII: il pontefice prima bollò il caffè come bevanda di Satana per poi ricredersi e battezzarla con l'appellativo di bevanda di Cristo dopo averla assaggiata.


kamo58
00venerdì 6 gennaio 2012 11:56


La parola araba qahwa in origine, identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi che provocava effetti eccitanti e stimolanti. Oggi questa parola indica, in arabo, precisamente il caffè. Dal termine “qahwa” si passò alla parola turca Kahve, parola riportata in italiano con caffè.

Pellegrino Artusi (scrittore e gastronomo italiano), nel suo celebre manuale, sostiene che il miglior caffè sia quello di Mocha (città nello Yemen), e che questo sarebbe l’indizio per individuarne il luogo d’origine.

Per non diffondere il segreto di una pianta considerata magica e preziosa, gli arabi all’inizio non ne favorirono, anzi ne proibirono l’esportazione, anche perchè in Arabia fino al 1400 i grani di caffè oltre che come bevanda, venivano utilizzati da alcuni medici con finalità curative. Col tempo però la sua propagazione passò da un convento musulmano all’altro, fino a conquistare l’intero mondo arabo.

Nella seconda metà del secolo XVI il caffè come merce varcò i confini orientali per approdare in Europa: fu durante l’epoca dei grandi velieri che solcavano il Mediterraneo, che il caffè fu introdotto nei maggiori commerci del nostro continente e fece la sua comparsa a Venezia intorno al 1570. Il merito di averlo introdotto in Italia spetta al padovano Prospero Alpino, noto botanico e medico, che ne portò alcuni sacchi dall’Oriente.

I Veneziani, quindi, per primi impararono a gustare la bevanda. All’inizio, in ogni caso, il costo della bevanda era molto alto e solo i ricchi potevano permettersi il lusso di acquistarlo, poiché esso era venduto in farmacia.

Dopo l’apertura della prima “bottega del caffè”, molte altre ne furono aperte a Venezia, tanto che il proprietario del prima “caffetteria” fu costretto, per battere la concorrenza, a pubblicare un libretto che esaltava i pregi salutari del prodotto. Siamo nel 1716 e questo “opuscoletto” può essere considerato un primo documento pubblicitario personalizzato della bottega di un caffettiere. Risale al 1720 l'apertura del celeberrimo caffè Florian.

Nel 1763 Venezia contava ben 218 locali. In breve tempo il caffè divenne un prodotto d’alto gradimento, spesso segno di amicizia e di amore: nella città di Venezia, agli inizi del Settecento, corteggiatori ed innamorati presero l’abitudine di inviare alle predilette del cuore vassoi ricolmi di cioccolata e caffè quale devota espressione di affetto.

Anche in Italia, come in altri paesi, l’introduzione del caffè si scontrò col parere di alcuni esponenti della Chiesa, tanto che alcuni fanatici cristiani incitarono il Papa Clemente VIII ad interdire la bevanda.

Il caffè apprezzato dagli uomini di cultura del Settecento, che gli diedero l’appellativo di “bevanda intellettuale”, suscitò interesse, non solo per la sua caratteristica di “infuso ristoratore”, ma anche per le sue qualità curative (in un volantino fatto stampare a Milano nel 1801 si documentava l’alto prestigio che alcuni medici attribuivano al caffè come medicina “tocca sana”).
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