La parola araba qahwa in origine, identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi che provocava effetti eccitanti e stimolanti. Oggi questa parola indica, in arabo, precisamente il caffè. Dal termine “qahwa” si passò alla parola turca Kahve, parola riportata in italiano con caffè.
Pellegrino Artusi (scrittore e gastronomo italiano), nel suo celebre manuale, sostiene che il miglior caffè sia quello di Mocha (città nello Yemen), e che questo sarebbe l’indizio per individuarne il luogo d’origine.
Per non diffondere il segreto di una pianta considerata magica e preziosa, gli arabi all’inizio non ne favorirono, anzi ne proibirono l’esportazione, anche perchè in Arabia fino al 1400 i grani di caffè oltre che come bevanda, venivano utilizzati da alcuni medici con finalità curative. Col tempo però la sua propagazione passò da un convento musulmano all’altro, fino a conquistare l’intero mondo arabo.
Nella seconda metà del secolo XVI il caffè come merce varcò i confini orientali per approdare in Europa: fu durante l’epoca dei grandi velieri che solcavano il Mediterraneo, che il caffè fu introdotto nei maggiori commerci del nostro continente e fece la sua comparsa a Venezia intorno al 1570. Il merito di averlo introdotto in Italia spetta al padovano Prospero Alpino, noto botanico e medico, che ne portò alcuni sacchi dall’Oriente.
I Veneziani, quindi, per primi impararono a gustare la bevanda. All’inizio, in ogni caso, il costo della bevanda era molto alto e solo i ricchi potevano permettersi il lusso di acquistarlo, poiché esso era venduto in farmacia.
Dopo l’apertura della prima “bottega del caffè”, molte altre ne furono aperte a Venezia, tanto che il proprietario del prima “caffetteria” fu costretto, per battere la concorrenza, a pubblicare un libretto che esaltava i pregi salutari del prodotto. Siamo nel 1716 e questo “opuscoletto” può essere considerato un primo documento pubblicitario personalizzato della bottega di un caffettiere. Risale al 1720 l'apertura del celeberrimo caffè Florian.
Nel 1763 Venezia contava ben 218 locali. In breve tempo il caffè divenne un prodotto d’alto gradimento, spesso segno di amicizia e di amore: nella città di Venezia, agli inizi del Settecento, corteggiatori ed innamorati presero l’abitudine di inviare alle predilette del cuore vassoi ricolmi di cioccolata e caffè quale devota espressione di affetto.
Anche in Italia, come in altri paesi, l’introduzione del caffè si scontrò col parere di alcuni esponenti della Chiesa, tanto che alcuni fanatici cristiani incitarono il Papa Clemente VIII ad interdire la bevanda.
Il caffè apprezzato dagli uomini di cultura del Settecento, che gli diedero l’appellativo di “bevanda intellettuale”, suscitò interesse, non solo per la sua caratteristica di “infuso ristoratore”, ma anche per le sue qualità curative (in un volantino fatto stampare a Milano nel 1801 si documentava l’alto prestigio che alcuni medici attribuivano al caffè come medicina “tocca sana”).