La storia della patata

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(Fata.)
00lunedì 2 gennaio 2012 17:59
STORIA DELLA PATATA



La patata è originaria del Sudamerica, più esattamente del Perù. Gli Incas, che la chiamavano "Papa", la coltivavano già nell’800-900 Avanti Cristo...



La storia delle patate è degna di un romanzo d’avventura, fatta com’è di scontri, lotte e battaglie, che si concludono però con l’immancabile lieto fine. Questo tubero ha incontrato in Europa tante resistenze e tante diffidenze, e ancora più ostacoli ha trovato in Italia, dove è diventata un alimento comune solo nel 19esimo secolo. Ossia molto dopo che la patata era entrata nell’alimentazione quotidiana in altri paesi, come Irlanda e Olanda.



KRAPFEN DEL PASTICCIERE


500 gr. di patate, 700 gr. di farina, 2 tazzine di latte, 3 uova, 3 cubetti di lievito, 5 cucchiai di olio extravergine di oliva, 4 cucchiai di zucchero, olio per friggere q.b.

Lessate le patate in acqua salata, sbucciatele e passatele (meglio se ancora calde) come per fare il purè. Amalgamatele poi con tutti gli altri ingredienti. Terminate con il lievito che avrete sciolto in un po' di latte tiepido. Impastate e formate tanti salamini di 1,5 cm di diametro. Tagliateli della lunghezza di 10 cm circa e chiudeteli a forma di ciambelline. Lasciate riposare la pasta per due ore circa, poi friggete le ciambelline in abbondante olio bollente. Scolatele appena sono dorate e spolveratele subito con lo zucchero semola



Originaria delle Ande, dove viene coltivata dagli indios da più di 5000 anni, fu portata in Europa dagli spagnoli (da Francisco Pizarro per la precisione) che l’avevano scoperta durante la conquista del Perù, nel 14esimo secolo. Più tardi, dalla Spagna si diffuse in Italia in Germania e, poco prima della Rivoluzione, in Francia per merito dei carmelitani scalzi e dei certosini, divenendo un cibo da ospizi e ospedali. In tutta Europa però, per quasi due secoli, venne considerata solo una curiosità botanica e una pianta d’appartamento. Le ragioni? Innanzitutto l’aspetto inconsueto e l’appartenenza alla famiglia delle Solanacee (come la belladonna o la dulcamara), piante dalle foglie velenose che erano in odore di stregoneria o venivano considerate dannose per la salute. Inoltre si trattava di una pianta diversa da quelle a cui erano abituati gli europei: il fatto che non si potesse usare per panificare e non si potesse mangiare cruda la rendevano poco attraente agli occhi dei contadini, che non sapevano bene come consumarla. Nel 1565 Filippo II di Spagna inviò al papa un certo quantitativo di patate, che vennero scambiate per tartufi e quindi assaggiate crude, con ovvio disgusto.



PALLINE DI PATATE IN BRODO

1kg. di patate, 50 gr. di burro, 100 gr. di parmigiano grattugiato, 3 uova, sale q.b., noce moscata a piacere, 3 o 4 cucchiai di farina, olio per friggere, 1 litro di brodo di carne.

Lessate le patate, pelatele e passatele col passapatate. Aggiungete il burro fuso, il parmigiano e le tre uova (chi vuole può unire un pizzico di noce moscata in polvere). Amalgamate bene fino ad ottenere un composto consistente (se fosse troppo morbido aggiungete un cucchiaio di farina). Fate delle palline grandi come nocciole, infarinatele e friggetele in abbondante olio bollente. Preparate del brodo di carne, fatelo bollire e versatevi le palline. Aspettate che vengano a galla e spegnete il fuoco. Lasciate riposare una decina di minuti poi servite con una spolverata di parmigiano in ogni scodella.



Ci vollero dapprima la guerra dei Trent’anni anni (1618-1648) e poi le epidemie e le carestie della metà del ‘700 per superare questi tabù, diffondere la conoscenza delle patate e avviarne la coltivazione sistematica in Irlanda, Inghilterra, Olanda e Prussia.

Nello stesso periodo, in Francia, nonostante la pubblicità della famiglia reale (Maria Antonietta ne portava addirittura i fiori sul corpetto), la patata non ebbe grande successo: il suo “sdoganamento” avvenne più tardi, per merito di Antoine Augustin Parmentier, farmacista ed agronomo che la scoprì durante la guerra dei Sette Anni (1756-1763) e che la valorizzò in patria riuscendo a dimostrare, nel 1773, l’infondatezza dei pregiudizi ai luminari dell’Accademia di Medicina di Parigi. Per farle conoscere, fece piantare interi campi di patate nelle terre attorno a Parigi, ottenendo dal re che fossero sorvegliati dai soldati durante il giorno. La notte, gli abitanti della zona, incuriositi, rubavano i preziosi tuberi, assicurandone in tal modo la pubblicità. Durante la rivoluzione del 1789 la patata si impose come cibo popolare, e all'inizio dell'ottocento trovò la definitiva consacrazione anche nella haute cuisine.
In effetti, la prima ricetta giunta fino a noi è tedesca e risale addirittura al 1581, ma fu in Francia che un ricettario completo fu dedicato a questo tubercolo nel 1793; il primo di una lunga serie.


POLPETTE DI PATATE RIPIENE A MODO MIO

1 Kg di patate, 3 uova, 50 gr. Di burro, 60 gr. Di prosciutto crudo o mortadella, una mozzarella, la scorza di mezzo limone grattugiata, 5 cucchiai di parmigiano grattugiato, qualche cucchiaio di farina, olio per friggere, sale e pepe q.b.

Lessate le patate, sbucciatele e passatele. Stemperate in una terrina insieme a tutti gli ingredienti poi formate tante polpettine allungate al cui interno mettete una fettina di prosciutto o mortadella e un pezzetto di mozzarella (o altro formaggio morbido). Infarinate le polpette e friggetele in abbondante olio bollente.


Anche in Italia, dov’era stata introdotta dal granduca Ferdinando II di Toscana, la patata ebbe a lungo scarsa fortuna, tanto che fino al 1580 fu usata solamente come pianta per ornare i giardini. A capirne il potenziale fu lo scienziato Alessandro Volta, che ne promosse la conoscenza presso il mondo scientifico. Nella seconda metà del 1700 iniziarono coltivazioni su larga scala in diverse regioni italiane, principalmente nelle zone degli archi appenninici e alpini. Numerosi testi della prima metà dell'800 rivelano però che la patata stentava ad affermarsi, perché veniva ancora considerata cibo per poveri e, quindi, era disprezzata dalla borghesia. Nel 1845-46 le coltivazioni italiane furono attaccate dalla peronospora: questo indusse a studiare più a fondo questa pianta, in modo da debellare il problema, e fece fiorire l’interesse per le patate. Risultato: la coltivazione uscì dalla “minore età”, durata più di un secolo, e la patata perse l’immagine di stranezza esotica diventando un alimento popolarissimo.

D’allora la storia delle patate è una storia felice: quella delle sue varietà e delle sue molteplici ricette.



PER CONOSCERLA MEGLIO

SOLANUM TUBEROSUM L. è il nome scientifico di questa pianta erbacea perenne con fusto eretto, foglie nervate e fiori disposti a grappolo di colore bianco o violaceo. Dalle radici si dipartono degli stoloni (in botanica lo stolone è un ramo lungo e sottile che nasce alla base di alcune piante) che, ingrossandosi, formano i tuberi commestibili noti come patate. Le parti verdi della pianta, compresi i tuberi, contengono sostanze tossiche come la solanina e la tropeina, alcaloidi pericolosi che si sviluppano quando la patata è acerba o già germogliata. Per la riproduzione non si ricorre al seme perché il primo anno produce un tubero molto piccolo, ma si interrano piccole patate o semplici pezzetti del tubero. Dal momento delle semina alla raccolta occorrono circa tre mesi. La pianta è cespitosa con steli che non arrivano al metro di altezza; i tuberi crescono raccolti in gruppi di forma e numero diversi a seconda della varietà. Presente sul mercato praticamente tutto l'anno la raccolta va da maggio a settembre e deve avvenire quando le patata sono mature.

Gnocchi ripieni di salmone

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Per gli gnocchi: 280 gr di patate, 1 uovo, 3 cucchiai di parmigiano, 2 cucchiai di farina bianca 00, 1/2 cucchiaio di farina gialla, 60 gr di filetto di salmone fresco, 1 noce di burro, sale e pepe bianco.
Per la salsa d'astice: 1 carapace di astice, 100 gr di trito di sedano, carota e cipolla, 1 cipollotto, 1 noce di burro, 6 cucchiai di olio di oliva extravergine, 3 rametti di timo, 3 cucchiai di conserva di pomodoro, vino bianco, sale e pepe.

Preparazione:
Lessate le patate con la buccia, quindi sbucciatele e passatele allo schiacciapatate. Impastate le patate con il formaggio, l'uovo, le farine, sale e pepe.
Spellate il salmone e tagliatelo prima a fette spesse e poi a cubetti. Rosolateli 1 minuto in padella con poco burro, sale e pepe bianco.
Fate tante palline con l'impasto e inseritevi al centro un cubetto di salmone, sigillate e fate asciugare su un vassoio infarinato.
Rosolate nell'olio il cipollotto con le verdure a cubetti e aggiungetevi il carapace spezzettato. Sfumate con il vino, aggiungete del ghiaccio tritato e il timo. Riportate a bollore e unitevi il pomodoro, il burro, sale e pepe. Fate ridurre, quindi passate al passaverdure e poi al colino. Cuocete gli gnocchi in acqua salata e saltateli in padella con la salsa d'astice.
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kamo58
00martedì 3 gennaio 2012 12:25
La patata diventò così importante nell'alimentazione umana che la sua mancanza decimò la popolazione irlandese 1845 e il 1849


Le cause scatenanti la carestia furono molteplici, in parte la politica economica britannica, le condizioni dell'agricoltura irlandese, il brusco incremento demografico avvenuto nei decenni precedenti la carestia, ma soprattutto la sfortunata apparizione di una patologia delle patate causata da un fungo, la peronospora, che raggiunse il paese nell'autunno del 1845 distruggendo un terzo circa del raccolto della stagione e l'intero raccolto del 1846. Una recrudescenza dell'infezione distrusse in seguito gran parte del raccolto del 1848. Il ripetersi di raccolti scarsi o addirittura nulli fece sì che la carestia durasse più a lungo e con maggiore intensità delle precedenti. Il paese non era infatti nuovo a raccolti danneggiati da infestanti o da avverse condizioni climatiche; non vi erano però precedenti di simile portata.

I primi resoconti del settembre del 1845 trasmisero un cauto ottimismo sulla diffusione del misterioso infestante che colpiva le patate, le prime ad essere colpite furono le contee di Wexford e Waterford. Una settimana dopo i primi casi vi fu un'inchiesta governativa che affermò che, se anche in alcune aree il raccolto era andato perso, l'abbondanza di patate che si prospettava per quell'anno avrebbe sopperito alla perdita. Un mese dopo, al momento della raccolta, un'altra indagine governativa rivelò che le perdite erano ben più consistenti.

Sir Robert Peel, il primo ministro britannico (del partito conservatore) nominò una commissione guidata da due scienziati, John Lindley and Lyon Playfair per investigare il problema. I contadini avevano già accertato che la situazione peggiorava con l'aumentare dell'umidità, ma la commissione non fu in grado di spiegare le cause né di trovare un rimedio contro quello che solamente nel 1882 si scoprì essere un fungo.

Le possibili alternative erano quelle di fermare l'esportazione di grano dall'Irlanda, soluzione caldeggiata dalla popolazione locale ma malvista dai proprietari terrieri, quasi tutti britannici. L'altra era quella di far affluire del cibo verso l'isola, soluzione resa difficoltosa dalla politica protezionista riassunta nelle cosiddette “Corn Laws”, uno dei capisaldi della politica economica Tory. Peel scelse la seconda via e nel novembre del 1845 furono acquistati dagli Stati Uniti cereali per l'equivalente di oltre 100.000 sterline allo scopo di calmierare i prezzi in Irlanda. Furono istituite commissioni locali destinate alla distribuzione di cibo resa difficoltosa dalla struttura geografica del paese, dalla dispersione della popolazione, dalla mancanza di infrastrutture e, non ultimo, dalla disorganizzazione nella gestione dei cosiddetti relief commitees. La mancanza di assistenza provocò sporadici tumulti e sommosse fra la popolazione che vennero affrontati con la promulgazione dell'ennesimo Coercion Act, in pratica l'instaurazione della legge marziale.

Nel 1845, il Sultano ottomano Abdul Mejid I espresse la sua intenzione di inviare 10.000 sterline ai contadini irlandesi ma la regina Vittoria pretese che il Sultano si limitasse a inviare solo 1.000 sterline, poiché ella aveva mandato ai suoi sudditi solo 2.000 sterline. Il Sultano inviò le 1.000 sterline ma spedì anche segretamente 3 navi cariche di alimenti. La Corte britannica tentò di bloccare le navi ma il cibò giunse nel porto di Drogheda e fu scaricato colà dai marinai ottomani.[2]
1846 [modifica]

Nella primavera del 1846 fra la popolazione più colpita dalla penuria di cibo si ebbero i primi casi di "febbri", le cosiddette fevers temutissime dalla popolazione e che negli anni successivi divennero la principale causa di mortalità. Il termine febbri era usato per definire due diverse patologie, il tifo e la febbre ricorrente.

Nel giugno del 1846 Peel abolì, solo in parte per ciò che stava avvenendo in Irlanda, le Corn Laws al fine di facilitare le importazioni dagli Stati Uniti.

L'emigrazione dall'Irlanda, fin dall'inizio del XIX secolo, rappresentò un flusso continuo anche se non numerosissimo, nel 1845, a fronte del primo calo di produzione della patata vi fu un brusco aumento dell'emigrazione, in parte erano gli stessi proprietari terrieri ad incoraggiare i loro contadini a lasciare il paese pagando loro la traversata. La prima ondata migratoria era quindi composta da persone in discrete condizioni fisiche e di salute. A partire dal 1846 vi fu un esodo senza precedenti, masse enormi di persone allo stremo delle forze si riversarono in ogni possibile imbarcazione diretta principalmente verso le colonie del Canada, in ogni porto dell'est degli Stati Uniti e in Gran Bretagna e Galles portando con sé le malattie derivanti dalla denutrizione e scatenando epidemie nei luoghi di destinazione. L'enorme afflusso di persone sbaragliò qualunque tentativo di istituire delle località di quarantena, in Canada l'isola di Grosse Isle attrezzata con un ospedale per 200 persone fu letteralmente invasa, la prima nave giunta il 17 maggio del 1846 ospitava ben 430 casi di cosiddetta febbre (tifo), a fine maggio la fila di navi in attesa di sbarcare il loro triste carico era lunga due miglia. Sull'isola sono sepolte circa 6000 persone.

La Grande Carestia è stato uno degli eventi storici che più hanno colpito il popolo irlandese e più traumatizzato la società dell'isola. Specialmente in contrasto con i tempi recenti, figli della Celtic Tiger che ha portato un benessere diffuso alla popolazione e un miglioramento evidente della vita, la Carestia viene ricordato come un momento da ricordare e commemorare, oltre che per aiutare a riflettere.



Opera di Delaneys al St.Stephen's Green




Molti sono gli artisti che hanno parlato, cantato e suonato riguardo quel periodo, così come tanti lo hanno scolpito. Una delle principali canzoni che ricordano la carestia è The Fields of Athenry di Pete St.John, oggi quasi un inno non ufficiale degli irlandesi nel mondo. Ma specialmente nelle sculture emerge lo sconforto della carestia, dato che varie sono le opere sparse per tutto il territorio irlandese: dal parco di St Stephens Green al nuovo Financial Center di Dublino, fino al remoto villaggio di Murrisk, nel Mayo, dove è stato eretto un monumento nazionale.
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