Ricette... lussuriose

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(Fata.)
00mercoledì 29 dicembre 2010 21:37
Un altro aspetto dell'arte culinaria al fine di esaltare i sentimenti, oltre ai sensi.
Il suo alito è aroma di miele ai chiodi di garofano,
la sua bocca, deliziosa come un mango maturo.
Baciare la sua pelle è assaggiare il loto,
l'incavo del suo ombelico è un ricettario di spezie.



Quali altri piaceri vi si adagino, lo sa la lingua,

ma non può dirlo.



Srngarakarika, Kumaradadatta -XII sec. d.C.


Agnello in salsa di aneto
alla maniera di Raymond Chandler


1 cosciotto magro d'agnello da 1 kg circa, tagliato a grossi pezzi
1 cipolla a fettine
1 carota tagliata a julienne
1 cucchiaio di semi di aneto tritati o 3-4 rametti di aneto fresco
1 foglia di alloro
12 grani di pepe
l/2 cucchiaino di sale
850 mi di brodo di pollo
50 g di burro
1 cucchiaio di farina
1 tuorlo d'uovo
3 cucchiai di panna
2 cucchiaini di succo di limone
Pepe nero appena macinato

Buttai giù un sorso del mio whisky sour, spensi la sigaretta schiacciandola sul tagliere e osservai una cimice che arrancava per uscire dal lavandino. Avrei avuto bisogno di un tavolo da Maxim, cento verdoni e una bionda da mozzare il fiato. Ma avevo solo un cosciotto d'agnello, e nessun indizio per capire cosa farmene. Afferrai la carne. Era fredda e umidiccia come la stretta di mano di un coroner. Tirai fuori il coltello e la tagliai a grossi pezzi. Sentire la lama nella mano mi fece venir voglia di affettare una cipolla, e prima che mi rendessi conto di quello che stavo facendo una carota era stesa a listelle sul ripiano della cucina. Non si mossero. Gettai il tutto in una pentola insieme a qualche rametto di aneto, una foglia di alloro, una manciata di pepe in grani e una presa di sale. Cominciavano a riaversi, allora versai il brodo di pollo e alzai un po' il fuoco. Volevo cuocermeli lentamente, il più lentamente possibile. Dopo novanta minuti e mezza pinta di bourbon non erano più tanto duri, e neanch'io. Separai la carne dalla verdura, poi ci piazzai sopra il coperchio per trattenere il vapore. Avevo ancora il coltello in mano, ma non si sentivano le sirene.
In questa città l'untume arriva sempre in alto, così filtrai il sugo per schiumare il grasso. Versai un po' di acqua e misi un'altra volta la pentola sul fuoco. Era venuto il momento di affrontare il burro e la farina. Li rigirai per bene, li ridussi in una pappa che rovesciai nel brodo. Il frullino non ce l'avevo, allora usai il manganello per far fuori i grumi finché quella dannata pappetta fu perfettamente amalgamata. Iniziava a bollire, e decisi di lasciarla tranquilla per un paio di minuti.
Montai il tuorlo d'uovo e la panna, li mescolai con un po' di salsa, versai di nuovo il tutto nella pentola. Cominciai a torchiare il limone, e non ci volle molto perché sputasse quello che doveva sputare. Era facile, maledettamente facile, ma sapevo che se avessi lasciato la salsa bollire ancora il tuorlo d'uovo sarebbe diventato frittata.
Ormai ero pronto per versarla sulla carne e servire, ma non avevo fame. La bionda non si era fatta vedere. Era più tosta di quanto pensassi. Andai fuori a intossicarmi di sigarette e di bourbon.

© Ponte alle Grazie

Crick Mark - La zuppa di Kafka - Storia della letteratura mondiale dalle origini a oggi, in sedici ricette.
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