00 22/09/2006 20:32

MAURIZIO LUPI intervistato da Claudio Sabelli Fioretti, Sette, 8 aprile 2004:

Travaglio o Di Pietro?
«Butto Travaglio. Non ha fatto il poliziotto, non ha studiato alle serali, non si è laureato in tre anni, non ha messo nessuno in galera. A che serve, Travaglio?

Unità o Manifesto?
«Butto l’Unità. Sparito Furio Colombo i proletari sarebbero più liberi».

Chi le piace a sinistra?
«Gli amici con cui ho dato vita all’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà. Pierluigi Bersani: siamo come il diavolo e l’acqua santa. Ermete Realacci: un ambientalista che va a braccetto con un “cementificatore” come me. Enrico Letta: per venire con me non ha esitato a mandare al diavolo Rosy Bindi. Aggiungerei anche Nerio Nesi: l’unico idealista della sinistra».

Epurazione Rai: Biagi, Travaglio, Luttazzi, Santoro, Massimo Fini, Sabina Guzzanti. Andranno all’inferno loro o chi li ha cacciati?
«Purtroppo rischiano di andarci quelle migliaia di persone che hanno creduto a questi qua».

Quindi la censura che li ha colpiti la trova concorde?
«Non è stata censura. Erano vecchi e, chissà, magari ritorneranno giovani. È stato normale ricambio».




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AVVENIRE
22 settembre 2006
«Noi, deputati sulla via di Santiago»
Di Maurizio Lupi * Parlamentare

IL RACCONTO
Quaranta parlamentari di diversi schieramenti hanno partecipato all’iniziativa guidata dal vescovo Rino Fisichella, cappellano di Montecitorio

Cosa spinge 40 deputati di maggioranza e opposizione a intraprendere un pellegrinaggio sui luoghi santi di Fatima e Santiago de Compostela? Turismo religioso? Voglia di sperimentare nuove alchimie politiche? Le domande si affollano nella mente di chi, giornalisti e addetti ai lavori, si trova normalmente a destreggiarsi tra i fatti della politica. E il rischio di banalizzare, purtroppo, è sempre presente. Già, perché quel pellegrinaggio, concluso solo qualche giorno fa è, agli occhi dei più, qualcosa di difficile da inquadrare e spiegare.
Per chi come me vi ha partecipato e, insieme a monsignor Rino Fisichella, lo ha proposto, si tratta di un gesto che, più di qualsiasi parola, spiega il significato della nostra responsabilità di uomini impegnati in politica e con la vita. Un gesto non isolato segno di una seppur piccola comunità (si ritrova ogni mattina per la Messa nella cappella di Vicolo Valdina e ogni martedì a meditare sul libro «Perché la Chiesa» di don Luigi Giussani), in questi anni è cresciuta all'interno del Parlamento. Una comunità di deputati consapevoli «che la vita è un cammino, è un andare verso il proprio traguardo, e che la soluzione totale sta al fondo di tutti i problemi ed è opera di Dio, non più nostra» (Perché la Chiesa, don Luigi Giussani).
Non è un caso che quello di quest'anno sia stato il terzo pellegrinaggio svolto con il cappellano di Montecitorio monsignor Rino Fisichella, amico e guida di questa compagnia. Dopo aver pregato in Terra Santa nei luoghi simbolo della cristianità nel 2004, dopo essere stati lo scorso anno sulle orme di san Paolo in Turchia, dove la Chiesa è nata e si è sviluppata ripercorrendo il cammino di evangelizzazione dell'apostolo e le prime esperienze della civiltà cristiana; quest'anno, all'inizio di una legislatura, abbiamo voluto chiedere alla Madonna di Fatima e a San Giacomo, apostolo martire cristiano primo evangelizzatore della Spagna, di accompagnarci e proteggerci nella responsabilità dei prossimi anni. Monsignor Fisichella ci ha guidato lungo il cammino di Santiago richiamandoci alla necessità, per noi politici, di lavorare «con la Chiesa nel cammino della storia», per il futuro delle prossime generazioni. Un cammino di 18 chilometri fatto a piedi, pregando e cantando lungo le strade che per millenni sono state percorse dai pellegrini cristiani ai quali ci siamo aggiunti nella consapevolezza di far parte della stessa storia. La storia che ha fatto l'Europa.
Nei giorni in cui il Papa con forza ci richiama alla ragionevolezza della fede («non agire secondo ragione, non agire con il logos contrario alla natura di Dio», Ratisbona 12 settembre 2006), questo pellegrinaggio è stato un modo per dire al mondo che si può vivere la responsabilità politica «come suprema forma di carità» (Paolo VI); che può esserci unità anche se si milita in schieramenti contrapposti. Nessun inciucio, ma la semplice coscienza di ciò che papa Clemente diceva ai cristiani di Corinto: «Ciascuno nel suo posto piaccia a Dio agendo in buona coscienza e dignità senza infrangere la norma stabilita per il suo compito».



INES TABUSSO