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Sisto IV tra banchetti e diete

Ultimo Aggiornamento: 24/06/2014 11:47
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08/10/2012 08:50
 
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La vita di Francesco della Rovere sembra snodarsi tra politica, lusso, tavole imbandite, abbuffate e digiuni. Questo è il Papa che, pur avendo inventato l’Inquisizione, trasformò Roma in una vera capitale del Rinascimento.
Sisto IV, nonostante i lussi della sua corte, non fu un assiduo mangiatore, ma un patito di diete, al punto che gli esperti medici erboristi dell’epoca gli dedicarono trattati di grande interesse.
In realtà il Papa, protettore degli umanisti, appoggiava vivamente sia produzioni d’opere morigerate che pubblicazioni inneggianti voluttà e lusso come quelle del Platina.
Sisto IV esigeva l’organizzazione di grandi banchetti per le occasioni ufficiali, con pasticci in crosta e piatti a base di carni pregiate, come cervo, daino, beccafico, fagiano, pernice. Fra le sue feste celebri, oltre a quella in onore di Eleonora d'Aragona, c’è anche la cena offerta al Duca di Sassonia dopo una stupefacente battuta di caccia.
Dagli eccessi d’abbondanza gastronomica di Sisto IV, passiamo alle sue altrettanto eccessive diete a base di verdure, latticini o baccalà. Egli era estimatore del consumo d’erbe dolci o amare, fresche o bollite, e dell’uso dei formaggi (piacentino o marzolino) a scapito delle carni portatrici di gotta.
Questo Papa, consigliato dai suoi terribili nipoti, per ingraziarsi la plebe affamata rinnovò anche i fasti delle celebrazioni per strade del carnevale, con l’offerta di cibo e lo svolgimento di una corsa rodeo consistente nel catturare due maiali lustri, lavati e profumati.
Il mecenatismo e lo sperpero di denaro fatto per imprese guerresche velleitarie, come la Crociata contro i Turchi, ridussero le casse di Sisto IV a un tale deficit che i generi di prima necessità andarono alle stelle, costringendo i fornai a tenere in bottega una guardia pontificia con l’alabarda, al fine di sedare gli eventuali tumulti.


Cinghiale in agrodolce per Sisto IV

Preparare una marinata con odori, aceto, vino bianco, e sommergervi per almeno un giorno un pezzo di polpa di cinghiale.
In una casseruola, dove è stato fatto sfrigolare dello strutto, mettere pezzetti di prosciutto magro, il cinghiale marinato, e far rosolare bene.
Aggiungere sale, pepe, cipolla, carota, sedano, chiodi di garofano e vino bianco.
Quando il vino sarà evaporato, versare nella casseruola dell’acqua fino a sommergere la carne, incoperchiare e cuocere a fuoco lento.
Prendere poi un tegamino per la salsa, deporci aglio, zucchero e del lauro. Far liquefare lo zucchero, aggiungere due dita d’aceto, il sugo sgrassato di cinghiale, uva sultanina e portare a bollore.
Servire il cinghiale in fette cosparso della salsa.


fonte: taccuini storici.it
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24/06/2014 11:47
 
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