Baccalà al pil pil
(per 4 persone)
8 pezzi di baccalà
1/2 litro di olio di oliva
4 spicchi d’aglio
2 peperoncini piccanti piccoli
Si tiene il baccalà a bagno per circa 24 ore, cambiando l’acqua ogni otto ore. Si accerta che la dissalatura sia al punto giusto. Se così è, si toglie il baccalà dall’acqua e lo si fa sgocciolare, si squama e si tolgono le spine. Si mette sul fuoco una pentola di terracotta con l’olio, i peperoncini e l’aglio. Si mettono da parte il peperoncino e l’aglio quando saranno imbionditi, e si mette in quella stessa pentola il baccalà con la pelle. Se il baccalà è di buona qualità, basteranno quindici minuti di cottura. In seguito, si leva l’olio e si comincia a lavorare il baccalà, imprimendo alla pentola movimenti circolari e ondulatori, e nel frattempo si aggiunge a poco a poco l’olio, lo stesso che prima era stato messo da parte, sino ad ottenere una salsa densa. Si orna con gli spicchi d’aglio adoperati all’inizio e con i peperoncini tagliati a rondelle.
Se non si trattasse di magia, ma dico magia vera e propria, inspiegabile, direi che si tratta di magia, ed è questo che dico. Baccalà morto stecchito, resuscitato dall’acqua e trasformato a un tratto in materia malleabile, come il marmo nelle mani di Michelangelo o l’argilla in quelle di un vasaio di Guadix. È magia che il baccalà morto stecchito diventi materia che ha creato il proprio paesaggio di salsa bianca e cremosa come un latte fondamentale e solido. Due corpi che mangiano insieme il baccalà al pil pil dalla stessa pentola diventano per forza vasi comunicanti perché tra essi prende il sopravvento la comunicazione della materia-linguaggio, il pil pil, la lingua, fatti, cose che si ascoltano dallo stesso centro dell’esperienza condivisa. Così parlò Zarathustra. Ma io mi limito a dire che questo è il piatto del re dei mari e dei letti, vale a dire, il piatto re di tutte le navigazioni, e che vivere non è necessario, ma navigare sì.
(Manuel Vázquez Montalbán, Ricette immorali, Feltrinelli, Milano 1992)